Roma - Il governo Monti è «in sostanziale continuità» con quello che l’ha preceduto ed è per questo che Silvio Berlusconi assicura che «in questi primi tre mesi» non c’è stata alcuna «oscillazione» da parte del Pdl nell’appoggiare l’esecutivo. Una «scelta di responsabilità verso l’Italia» di cui il Cavaliere non è affatto pentito. Nonostante sia convinto che da quando ha lasciato Palazzo Chigi «l’accanimento giudiziario contro di me è addirittura aumentato». «Dovrebbero invece vergognarsi i miei persecutori», dice in una lunga intervista al Corriere del Ticino raccolta da Marcello Foa, perché «da quando sono sceso in campo non hanno mai smesso d’inventarsi processi fondati solo sulle calunnie, una macchina del fango mediatico-giudiziaria, una campagna di diffamazione su scala internazionale che non si è ancora fermata».
Il Cavaliere, però, non è intenzionato ad appendere gli scarpini al chiodo. Certo, spiega, «non mi candiderò più alla guida del governo» ma «seppure in modo diverso dal passato continuerò a fare politica». Come «presidente del primo partito italiano in Parlamento agirò da “padre fondatore”, darò consigli alle nuove leve e cercherò di trasmettere quei valori di libertà e di democrazia per i quali sono sceso in campo e che sono tutt’ora il nostro credo politico». E come suo «erede» il leader del Pdl continua a vedere Angelino Alfano: «È stato eletto all’unanimità dal nostro Consiglio, ha 35 anni meno di me, è autorevole e realizza il cambio di generazione di cui tutta la politica ha bisogno». Sul cambio generazionale, però, Berlusconi va anche oltre. E invita «anche gli altri politici che da 30 anni siedono in Parlamento» a «fare un passo indietro» se «davvero credono in ciò che dicono sulla necessità di innovare».
E proprio ieri il segretario del Pdl non nascondeva la sua soddisfazione per la campagna congressuale. Seppur scalfita dalla querelle sulle tessere false, dopo che si è tenuta la metà dei congressi provinciali e delle grandi città hanno «partecipato al voto - fisicamente, personalmente, e senza deleghe - 300mila cittadini italiani iscritti al nostro partito». Ed è per questo che tra marzo e aprile partiranno anche i congressi comunali in vista proprio della campagna elettorale per le amministrative. Dove il Pdl sarà presente con il suo simbolo e stringerà «dovunque le alleanze necessarie per vincere insieme alle forze moderate che condividono i nostri valori e i nostri programmi». E, ammette il Cavaliere, con un occhio di riguardo alle liste civiche di cui, «per tradizione», in Italia «alle elezioni amministrative c’è sempre stato un fiorire». E visto che «la crisi dei partiti accentuerà questa tendenza», il Pdl - spiega Berlusconi - dovrà «tenerne il giusto conto e tessere la tela delle alleanze, anche a livello locale, per vincere».
Non è in discussione, ripete poi, il sostegno a Mario Monti. «Continueremo ad appoggiare il governo - dice - con lealtà e senso di responsabilità, per l’interesse superiore dell’Italia». Un sostegno che «si spiega con il fatto che dobbiamo risolvere oltre all’emergenza economica, un’altra emergenza, quella istituzionale, per fare dell’Italia una democrazia moderna e garantire una piena ed effettiva governabilità». Per questa ragione «il governo dei tecnici» è sostenuto «quasi dall’intero Parlamento», perché «solo questo largo appoggio può consentirci di fare quelle riforme che una sola parte politica non può fare con i suoi soli voti».
D’altra parte, rivendica Berlusconi, «tutti vedono che vi è una sostanziale continuità tra il programma del governo Monti e quello del governo da me presieduto». «Una continuità - aggiunge - che lo stesso premier ha più volte riconosciuto». Poi ancora parole di elogio per il Professore: «Conosco bene la serietà e la competenza di Monti, che io stesso nel 1995 sostenni per l’incarico di commissario europeo al Mercato interno. E mi piace ricordare che già nel discorso d’insediamento del mio primo governo nel 1994 citai proprio il professor Monti, “fautore come noi siamo di un liberismo disciplinato e rigoroso”».
Insomma, se c’è qualcuno in grado di «realizzare quelle riforme che il mio esecutivo aveva iniziato» quello è Monti. Da «quella dell’architettura istituzionale dello Stato» (che riguarda il Parlamento, il numero dei deputati, il Senato delle Regioni, la Corte Costituzionale, i poteri del premier) «fino all’introduzione di una nuova legge elettorale e alla riforma della giustizia». E proprio sulla modifica del sistema di voto su cui sono iniziati da tempo i contatti tra Pdl, Pd e Terzo polo, l’ex premier ci tiene a dire che dovrà comunque lasciare «intatte» le «conquiste del bipolarismo e della governabilità» perché «all’Italia non serve tornare al carnevale di Rio della politica».
L’augurio per il futuro, però, è quello di «poter continuare ad avere con la Lega una solida e leale collaborazione a tutti i livelli» visto che «continuiamo a governare insieme molte amministrazioni locali».
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