Quelli che si illudono di essere affiancati da Mario Monti quale sponsor alle prossime elezioni politiche si mettano il cuore in pace: lui non patrocinerà alcuna lista. Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini, Luca Cordero di Montezemolo e altri potenziali aggregati dovranno correre da soli, senza contare sulla spinta del premier dimissionario ma ancora in carica. Diciamo questo non perché ispirati da informazioni dirette: semplicemente applichiamo alla questione la categoria della logica.
Primo punto. Il Professore è senatore a vita e quindi non ha bisogno di essere eletto in Parlamento, essendone già membro. Secondo. Non ha interesse alcuno a proporsi come guida di una coalizione che, bene le vada, è destinata a raccogliere pochi «spiccioli», quelli eventualmente persi per strada dal Pd e dal Pdl. Terzo. Una considerazione di ordine tattico. Il candidato della sinistra, è notorio, si chiama Pier Luigi Bersani: non solo è il segretario dei democratici, ma si è addirittura imposto alle primarie su Matteo Renzi. Ovvio, i suffragi progressisti andranno in massima parte a lui. Monti regista dei centristi avrebbe forse la forza di portargli via qualche consenso, ma in misura irrisoria, tale da disturbare la sua corsa, non da impedirgli di vincerla. Chi glielo farebbe fare di infastidire un uomo, Bersani, che, se lasciato in pace, lo ripagherebbe proponendolo al Quirinale in sostituzione di Giorgio Napolitano, in scadenza di mandato? Sarebbe un controsenso.
Il bocconiano è un uomo accorto e non ostacolerà il leader dello schieramento che i sondaggi indicano - al momento, almeno - come primo in classifica generale. Preferibile una tacita alleanza fra il presidente del Consiglio uscente e quello che aspira a subentrargli. In sostanza il patto sarebbe: Monti rimane fuori dalla mischia elettorale per favorire il successo di Bersani, e questi ricambierà il favore spianandogli la strada verso il Colle.
D'altronde, il senatore a vita sa perfettamente di avere le carte in regola per succedere a Napolitano, visto che - esclusi Giuliano Amato (coperchio adattabile a qualsiasi pentolino) e Romano Prodi - non esistono sul mercato politico personaggi in grado di insidiarlo. Non è credibile che egli, per il piacere di cimentarsi nelle vesti d'un capo partito di serie B, faccia questo dispetto al segretario democratico, col rischio di non diventare presidente della Repubblica per una ritorsione dello stesso Bersani.
Naturalmente il nostro è un discorso teorico, che però tiene conto della realtà: merita rinunciare in partenza a un evento improbabile - il ritorno a Palazzo Chigi - se il premio è l'ingresso al Quirinale. Lo capisce anche uno sciocco.
E siccome Monti è tutto tranne che ingenuo, c'è da essere certi sulla sua scelta: un momentaneo ritiro dall'agone politico teso ad agevolare Bersani e il suo partito a conquistare la maggioranza, dalla quale poi farsi issare sulla poltrona più alta delle istituzioni patrie.Un'incognita comunque non manca mai: siamo sicuri che Silvio Berlusconi venga sconfitto alle urne? Nel caso di un miracolo, ogni gioco si riaprirebbe. Calma e gesso. Chi vivrà, vedrà.
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