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"Più flessibilità sui bilanci". Letta incassa l'ok di Obama

E' durato circa mezz'ora, ieri in Irlanda del Nord, l'incontro tra il presidente del Consiglio italiano Enrico Letta e il presidente americano Barack Obama. Da luglio via ai negoziati per il libero scambio tra Europa e Stati Uniti

"Più flessibilità sui bilanci". Letta incassa l'ok di Obama

Roma - Potrà sembrare paradossale, ma i risultati concreti di un G8 non sono quelli che compaiono nel comunicato finale. Sono le strette di mano nei corridoi. La modulazione del linguaggio. Gli sguardi scambiati dagli Otto Grandi durante la riunione. E questo G8 nell'Irlanda Nord, il primo a cui partecipa Enrico Letta come presidente del Consiglio, rispetta fino in fondo la regola non scritta. Con un particolare in più, però. Dall'Irlanda del Nord ha preso a soffiare in direzione di Bruxelles un vento che chiede «maggiore flessibilità» dei Trattati Ue sui conti pubblici.

Ufficialmente, si parla di crescita e occupazione: mantra del governo italiano. E Barack Obama, nel bilaterale di mezz'ora con il presidente del Consiglio, condivide che «questa dev'essere la strategia sulle due sponde dell'Atlantico». E Hernan Van Rompuy aggiunge: «Dobbiamo pensare ai posti di lavoro futuri». «Stiamo parlando di centinaia di migliaia di posti di lavoro da una parte e dall'altra dell'Atlantico, a fronte dei 13 milioni oggi garantiti», sottolinea Obama.

A crearli contribuirà anche il negoziato sull'area commerciale di libero scambio tra Europa e Stati Uniti. I negoziati, ufficialmente, decolleranno a luglio. Anche se sull'argomento c'è frizione tra il presidente francese Hollande e il presidente della Commissione Barroso. In un'intervista, il capo della Commissione Ue accusa la Francia di assumere posizioni «reazionarie», tale è la sua «agenda anti-globalizzazione». Hollande dice di non «credere» alle parole attribuite a Barroso. Un fatto è certo: la Francia ha sempre opposto (chiunque fosse l'inquilino dell'Eliseo) ostilità alle aperture commerciali fra le due sponde dell'Atlantico; vuoi per la difesa delle produzioni agricole, vuoi per i diritti d'autore.
Ma questi sono temi (crescita, occupazione, area di libero scambio) che sono sotto i riflettori del G8: formule e frasi di rito che figureranno nel comunicato finale. In realtà, dietro le quinte si sta giocando un'altra partita. E in questa partita, Enrico Letta non è uno spettatore. Tant'è che in serata confida: «Meglio di così non poteva andare».

Il ragionamento americano è lineare: ciò che manca all'occidente industrializzato è la crescita proveniente dall'Europa, più di 300 milioni di persone che segnano un pil dello «zero virgola». L'Europa, però, è anche l'unica area del mondo industrializzato che ha vincoli di bilancio più stringenti degli altri. Ne consegue che è proprio l'Europa a dover modificare l'approccio alla crescita. Come? Utilizzando al massimo - chiedono gli altri Grandi - l'elasticità d'interpretazione prevista dai Trattati Ue che regolano la finanza pubblica. E non è un caso che la parola più bisbigliata nei corridoi del G8 irlandese sia proprio flexibility: l'elasticità riferita all'applicazione dei Trattati europei.

E qualche risultato si sta già vedendo. Per esempio, nel lessico europeo è scomparso il concetto di «pareggio di bilancio», ed è tornato ad affiorare il principio del deficit al 3 per cento. Olli Rehn, commissario europeo, non parla più di «azzeramento del deficit». Ma invita l'Italia ad «assicurare che l'indebitamento resti sotto il 3% per favorire la ripresa». Appena pochi mesi fa, Rehn vedeva la ripresa vincolata al pareggio di bilancio e non al rispetto del tetto del 3% di deficit.

Ora la situazione è cambiata. L'Occidente industrializzato non può fare a meno dei consumatori europei. Quindi, l'Europa (per il momento sottovoce) ha accolto l'«educata ma ferma richiesta americana» - per dirla nel linguaggio diplomatico - di interpretare in maniera flessibile i Trattati. E questo consente margini d'intervento sui bilanci nazionali per favorire (come chiede l'Italia) un impegno più forte a favore dell'occupazione giovanile; senza più avere come obbiettivo il pareggio di bilancio, ma quello di un deficit al 3%.

E chissà se non sia vero il pettegolezzo che vede qualche Stato europeo chiedere agli Usa di fare la voce grossa durante il Vertice per allentare quei Trattati che gli europei, da soli, non hanno la forza di interpretare a favore della crescita.

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