L a continuità chiesta dai supervisor dell'Italia (Bruxelles, Germania, Bce, Fmi, agenzie di rating) passerebbe dal Quirinale, in scadenza il 15 maggio prossimo. Non un Monti-bis né un bis di Napolitano, ma un Monti al Colle, come garanzia di fedeltà agli impegni presi dal suo esecutivo. L'opzione è allo studio di Napolitano da tempo, come alternativa ad un secondo governo Monti, prima opzione, auspicata inizialmente tramite una riforma delle legge elettorale che avrebbe aperto le strade ad un voto anticipato in autunno e la riconferma del premier (nominato da Napolitano). Ma il risiko del Monti bis si è complicato, le elezioni tornano a coincidere con la fine naturale della legislatura, il Pd - grande sponsor di Monti - vuole governare senza professori-supplenti. Si apre dunque il piano B di Giorgio Napolitano, quello che prevede un Mario Monti - da lui nominato a novembre senatore a vita - nuovo inquilino del Quirinale.
La permanenza del professore ai vertici dello Stato rassicurerebbe diversi partner all'estero, preoccupati per l'incognita aperta dalle elezioni politiche in Italia. Una voce molto influente per l'Italia, la cancelliera Angela Merkel, l'ha detto più o meno apertamente durante l'ultima visita italiana: «Siamo molto preoccupati per quello che potrà accadere con le elezioni in Italia». Lo stesso concetto è stato espresso dal capo di Fitch, una delle tre sorelle (padrone) del rating, variabile pesantissima per lo spread e il conseguente costo del debito pubblico italiano. «L'attuale governo italiano ha molta credibilità, ma ci sono delle preoccupazioni su chi guiderà l'Italia l'anno prossimo», dice il direttore operativo di Fitch, David Riley. Monti stesso, in un'uscita che scatenò le polemiche, durante il viaggio a caccia di investitori tra le tigri asiatiche (marzo 2012), aveva fatto capire che la comunità internazionale tifa per lui: «I leader che hanno il palpabile desiderio di investire in Italia», disse, «mi chiedono, sono curiosi, vogliono rassicurazioni sul dopo», timorosi del ritorno di «vecchi vizi, come l'invadenza della politica nell'economia»; «io li rassicuro sul fatto che le cose stanno cambiando», cioè che si farà di tutto per proseguire sullo solco da lui tracciato. E una garanzia potrebbe essere la sua elezione al Quirinale.
I candidati (eternamente) in pole, in primis Romano Prodi, sostenuto anche dall'alleato del Pd Nichi Vendola, e poi Casini, dovrebbero fare un passo indietro davanti ad una superiore ragion di Stato. E di partito. Perché quel che è cambiato, facendo oscillare il pendolo dal Monti bis al Monti quirinalizio, è tutto interno al Pd, partito al momento meglio piazzato nei sondaggi. Il segretario Bersani si è convinto di poter vincere con la rete messa a punto in questi ultime settimane. Alleanza con l'Udc e con Vendola, fuori Di Pietro e altri urlatori, legge elettorale con premio regolato al punto giusto. E di non aver quindi più bisogno, come successe a novembre, del professor Monti. D'Alema lo dice apertamente: «Il prossimo governo sarà imperniato sul Pd. Il problema è andare oltre Monti. Non faremo passi indietro, non smonteremo le sue riforme». Ma il suo timer, dice l'ex premier diessino, è arrivato al termine.
Le caselle dello scacchiere si muovono nella direzione di un Monti al Quirinale. Il presidente Napolitano ha detto di non volersi ricandidare («È necessario passare la mano. È necessario che si facciano avanti altri»), e lo stesso Monti ha ripetuto più di una volta escludere «un'esperienza di governo che vada oltre la scadenza naturale», dopo il quale - assicura - continuerà la sua opera di civil servant come membro a vita del Senato. Ma i giochi sono ancora aperti, perché manca la legge elettorale (le regole del gioco), e il risultato (il voto), a più di sei mesi di distanza, è incerto. È probabile un anticipo minimo delle elezioni (aprile), per evitare l'ingorgo con l'elezione del capo dello Stato (maggio).
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