Roma - Ogni tentativo di convincere Pier Luigi Bersani a farsi da parte e a non insistere per avere l'incarico di formare un improbabile governo con il renitente Grillo, al momento, sembra abortito. Anzi: ieri il segretario Pd ha rivendicato orgogliosamente che «non avrò vinto, ma è la prima volta che un partito di sinistra ha la maggioranza, assoluta o relativa nelle Camere».
Ma ai vertici Pd ieri sera non si escludeva che, nella Direzione di mercoledì, Bersani possa presentarsi su una linea meno ultimativa, aprendo uno spiraglio ad altre ipotesi, a cominciare da quella di lasciare tutto nelle sapienti mani di Napolitano, senza incarichi predeterminati. Evitando un confronto interno che, nonostante nessuno voglia aprire una crisi ora nel Pd, potrebbe sfuggire di mano nella conta su un aut aut troppo secco (o con me o contro di me) del segretario.
Il segnale forte e chiaro arrivato ieri dal Colle è riuscito là dove, finora, avevano fallito le prese di distanza sempre più esplicite della nomenklatura, le proposte erga omnes dalemiane o i cupi scenari weimariani dipinti ieri da Walter Veltroni nella sua intervista al Corriere, nella quale avverte che «questo è il tempo più difficile della storia italiana» e esclude sia la possibilità di un governo Pd-Pdl sia quella di un accordo con Grillo. L'unica soluzione possibile, dice l'ex leader del Pd è lasciar lavorare Napolitano: «Sia lui ad indicare la soluzione più giusta», un governo «nato dall'iniziativa del presidente, che senza una maggioranza precostituita vada in Parlamento su un programma di riforme».
Napolitano, appena rimesso piede in Italia di ritorno dalla missione tedesca, ha mandato un messaggio inequivocabile al Nazareno. Quella raccomandazione ad avere «misura, realismo e senso di responsabilità» e ad «evitare premature categoriche determinazioni di parte» è sì rivolta a «qualsiasi soggetto politico», ma ha chiaramente come principale interlocutore il Pd di Bersani. La cui uscita su Repubblica l'altro giorno, in cui esponeva il suo programma di governo (tutto grillesco) parlando come se avesse già l'incarico in tasca ha irritato non poco il Quirinale. Perché c'è il sospetto che, dietro la determinazione con cui Bersani vuol rimanere in pista nonostante i reiterati «vaffa» del capo di 5 Stelle, ci sia anche l'intento di una parte del Pd (i Giovani Turchi lo teorizzano apertamente da giorni) di non lasciare aperta altra strada, se Bersani venisse bocciato in Senato, oltre quella che porta a nuove elezioni a giugno. Alle quali si sogna di portare Grillo con «il cerino acceso in mano», unico responsabile di aver detto no ad un governo Bersani pronto a realizzare qualsiasi riforma anti Casta (ieri il leader Pd si è anche detto favorevole a ridiscutere il finanziamento pubblico ai partiti), fargli la campagna elettorale contro su questo e riprendersi i tanti voti che Grillo ha soffiato al Pd.
Fuori dal bunker bersaniano e dalla sinistra dei «turchi», il resto del Pd guarda con raccapriccio alla soluzione greca di un nuovo voto, e spera che Napolitano prenda al più presto in mano il volante della crisi, mettendo una pietra tombale sul
tentativo bersaniano e aprendo lo scenario tratteggiato ieri da Veltroni, con un nome «tecnico» alla guida (il più gettonato ieri era il governatore di Bankitalia Visco, ma nei prossimi 15 giorni se ne sentiranno molti altri).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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