Milano«Non sono solo e tra me e Alfano c'è una sintonia perfetta». Il presidente lombardo Roberto Formigoni non ci sta a fare la parte di quello messo alle corde e abbandonato da alleati e partito. Nonostante tutto. Nonostante nei giorni scorsi ci siano state divergenze con i vertici del Pdl sulla data delle elezioni, sul candidato e sulle primarie di coalizione. «Ecco - precisa ora il governatore - su quelle continuo a essere contrario. Il candidato deve essere del Pdl e non della Lega».
Dal canto suo Formigoni lunedì presenterà la nuova mini giunta di «transizione» ma non lo farà nell'aula del Consiglio poiché la convocazione dell'assemblea gli è stata negata. Poco importa, il presidente pensa ai nuovi scenari. Appoggia la candidatura dell'ex sindaco di Milano Gabriele Albertini e con lui studia una «maggioranza allargata ai moderati». «Così possiamo vincere» è convinto. Tanto che oggi darà inizio alla campagna elettorale al gazebo del Pdl di Varese, proprio nella roccaforte della Lega.
Le forze moderate non si sbilanciano ma spronano comunque Formigoni a dimettersi senza aspettare il Consiglio. Di fatto l'Udc è l'unico partito a spingere per le elezioni. Staffilate pungenti arrivano invece da Bruno Tabacci (Api) che non ha ancora sciolto le riserve su una sua candidatura bis alla Lombardia: «Formigoni avrebbe dovuto dimettersi da molti mesi - spiega Tabacci, attuale assessore a Milano - ha finito per portare a degenerazione lo stesso prestigio dell'istituzione lombarda, al punto che qualcuno dice che l'eccellenza è diventata un'eccellenza nella corruzione». A parte le battute di dubbio gusto che arrivano da fuori, i nodi da sciogliere all'interno del palazzo regionale restano parecchi. Formigoni ha fissato la data del 25 ottobre come quella dell'ultimo Consiglio regionale e della fine della legislatura. Dopo di che si andrà alle urne, con o senza l'approvazione della nuova legge elettorale. Al provvedimento abbatti-listino sta lavorando la commissione regionale agli Affari istituzionali ma la stesura del testo è tutt'altro che liscia.
La Lega sta mettendo il bastone tra le ruote in tutti i modi con interventi fiume e con il classico ostruzionismo perdi tempo. «Anticipare il voto - polemizza il leghista Stefano Galli - costerebbe come 50 Fiorito». «Il governo - ribadisce tuttavia Formigoni - è d'accordo nell'andare a votare il più presto possibile. Se la Cancellieri stimola il Lazio a farlo, non vedo perché debba fare il contrario con la Lombardia». A dirla tutta però nemmeno l'area laica del Pdl lombardo ha tutta questa fretta di tornare alle urne e non è detto che il 25 ottobre i consiglieri «dissidenti» consegnino le dimissioni che non hanno rassegnato finora. «Aspettiamo indicazioni dal partito, non da Formigoni» ribadisce Angelo Giammario, uno dei cinque lombardi che non mollano.
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