Polverini al bivio: «Via i tumori o ce ne andiamo tutti a casa»

RomaTra il «lascio» e il «resto», Renata Polverini sceglie l'operazione pulizia. Sancito il divorzio dal Pdl, il partito che la candidò nel 2010 ma da cui lei non si è mai sentita davvero sostenuta e meno che mai amata, la presidente del Lazio ignora le opposizioni che le urlano di dimettersi e gli sbraiti fuori dalla Pisana dei militanti di Forza Nuova («ladri!») e lancia il piano Marshall del Lazio, quello che dovrebbe salvare la sua giunta ma soprattutto lei.
Polverini a farsi impataccare l'abitino bianco dal fango che schizza ovunque non ci sta. Per carità, l'idea di dimettersi qualche giorno fa l'ha accarezzata davvero. Poi però ha pensato - o qualcuno l'ha invitata a farlo - che alcuni avrebbero apprezzato il gesto ma altri - i più - avrebbero per sempre collegato il suo nome alle ostriche e alle cravatte griffate. Così ha deciso: cercherà di riscrivere a modo suo le regole del gioco. Se ci riuscirà passerà alla storia come la moralizzatrice della Regione Lazio, altrimenti potrà sempre dire di averci provato. Polverini vuole riconquistare la fiducia della gente, l'unica che in questo momento le importa perché «non mi voglio vergognare di uscire di casa», come dice nel corso del consiglio regionale da lei convocato con urgenza e celebratosi in un clima da «notte dei lunghi coltelli». Paragona la vicenda del Lazio a quella della Costa Concordia, utilizza anche una metafora ad hoc («o superiamo lo scoglio o a casa») ma a fare la Schettino in gonnella lei non ci pensa proprio. Non abbandona la nave che affonda, ma mostra di volersi dannare per salvarla. Sullo sfondo, naturalmente le sue ambizioni nell'agone politico nazionale, magari con quel Pier Ferdinando Casini che civetta con lei: «Ha tutto il mio consenso - dice il leader Udc - Credo abbia capito che alle parole devono seguire i fatti».
Non a caso Polverini ispira la sua azione politica a Monti, di cui Casini è un groupie. Il piano che la governatrice presenta al consiglio regionale è una vera spending review all'amatriciana: commissioni consiliari dimezzate o sbianchettate, contributi per i gruppi sospesi fino all'adozione di un sistema trasparente di certificazione delle spese, abolizione dei «monogruppi», azzeramento dei previsti investimenti per le strutture del consiglio, riduzione di consiglieri e assessori, introduzione di un collegio dei revisori, niente più auto blu per cariche consiliari. Posta in palio: 20 milioni di risparmio già nel 2012 che diventeranno 28 nel 2013. «Dobbiamo esprimerci - Polverini ammonisce i consiglieri - se siamo a favore o contro queste cose, ma vanno fatte entro una settimana». È un discorso accorato e un po' furbetto il suo: cita la fretta di Renzi («se non succederà questo adesso non abbiamo futuro»), tocca corde private («i tumori che stanno qua dentro come nella mia gola vanno estirpati, oggi»), chiede scusa un po' a tutti (comprese le altre regioni «dove spero non ci siano comportamenti analoghi»), evoca l'alluvione di Firenze (altro omaggio a Renzi?). Ma guai a citare Marrazzo: «Non voglio paragoni inaccettabili».
Il Pdl non fa salti di gioia per questa svolta autoritaria di Polverini. Il partito si sente scaricato, ma il malumore resta sotto traccia. Formalmente l'appoggio al new deal polveriniano è incondizionato. La ventiseienne consigliera Chiara Colosimo, mandata allo sbaraglio nel black day del partito, promette a nome del gruppo: «Ci doteremo di un tesoriere e un commercialista. Metteremo in rete ogni tre mesi, pubblico e consultabile, il bilancio del gruppo. Fino a quel momento il Pdl non spenderà un solo euro». Il partito annuncia poi le dimissioni dei consiglieri dalle varie commissioni (lo faranno tutti i partiti) «al fine di agevolare il riordino delle commissioni e delle attività del consiglio», dice il capogruppo Francesco Battistoni, il grande accusatore di Fiorito. Da più parti si dà per certo che anche Battistoni nelle prossime ore si dimetterà dalla guida del gruppo. A sostituirlo potrebbe essere Antonio Cicchetti, il cui basso profilo è improvvisamente una virtù.
E la sinistra? Appare un po' delusa dalle mancate dimissioni che avrebbero dischiuso le porte alle elezioni.

Il più arrabbiato di tutti è senza dubbio Enrico Gasbarra, segretario regionale del Pd, che già si era ingolosito da candidato in pectore del centrosinistra: «La Polverini ha fatto un discorso imbarazzato e imbarazzante - insiste - chiediamo immediatamente il voto. Se non si dimetterà, chiederemo una mozione di sfiducia insieme a tutte le opposizioni». Il tutti contro tutti nella seconda regione italiana è appena all'inizio.

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