RomaEcco l'istantanea del terrore. Ventisette secondi dopo le 11,30, Preiti è vicino alle transenne che chiudono ai passanti piazza Colonna, di fronte a Palazzo Chigi. Ha il braccio destro teso in avanti. Punta la pistola quasi a bruciapelo contro il brigadiere Giuseppe Giangrande, che cammina a un metro di distanza dall'uomo. Subito dietro una coppia di turisti e intorno, nel raggio di 5-6 metri, una piccola folla - venti persone, esclusi i militari dell'Arma - ignara di quanto stava per accadere.
Il fermo immagine arriva dalla telecamera sul fianco di Montecitorio, all'angolo con via dell'Impresa. Sulla sinistra si vede la garitta dei carabinieri, e attraverso i vetri blindati si intravede la sagoma di un carabiniere appoggiato alle transenne: è Francesco Negri, l'appuntato ferito alla gamba. Lo scatto racconta l'inizio della domenica di follia di Luigi Preiti, che di lì a pochi istanti avrebbe messo in pratica l'«allenamento» in campagna dei giorni scorsi quando - ha raccontato lui stesso - ha messo alla prova le sue abilità di tiratore in vista del «gesto eclatante». E lascia anche immaginare le conseguenze ancora più drammatiche che quel minuto di «far west» sotto i palazzi del potere, aprendo il fuoco una, due, tre, sette volte, tra la gente, poteva produrre. Quel fotogramma, già agli atti del fascicolo d'indagine dei pm romani Pierfilippo Laviani e Antonella Nespola, spiega perché i due magistrati, nella richiesta di convalida dell'arresto per il 49enne muratore calabrese inviata ieri al gip, dicono chiaro e tondo che l'uomo voleva uccidere.
Quei «sette colpi di arma da fuoco a distanza ravvicinata e ad altezza uomo» hanno raggiunto il brigadiere Giangrande al collo, l'appuntato Francesco Negri alla gamba e il vicebrigadiere Marco Murrighile, che dopo i primi colpi esplosi stava affrontando Preiti, «al giubbotto operativo di tela», che gli ha salvato la vita. Non hanno ucciso nessuno, ma erano «diretti in modo non equivoco a cagionare la morte», scrivono i due magistrati romani, e solo «cause indipendenti dalla sua volontà» l'hanno impedito.
L'udienza di convalida è in programma stamattina a Rebibbia, dove Preiti è rinchiuso. E nel faccia a faccia con il gip Bernardette Nicotra e con i pm, Preiti potrà chiarire gli aspetti ancora oscuri del suo gesto. Di certo, l'uomo risponderà alle domande. «Non mette in discussione la dinamica dei fatti, semmai fatica a ricordare bene, sostiene di aver agito in uno stato di alterazione psicofisica, tra l'altro diagnosticata anche dai medici che l'hanno visitato dopo l'attacco», racconta Raimondo Paparatti, suo legale insieme a Mauro Danielli. Per gli avvocati l'uomo non era in sé quando ha sparato: faceva uso di cocaina da settimane, e da mesi aveva deciso «in proprio» di curarsi con psicofarmaci. Per i pm, che non vogliono la perizia psichiatrica, l'uomo era nel pieno delle sue capacità e l'azione, da «esibizionista», era premeditata. Paparatti dice che Preiti ora è «disperato», «alterna momenti di lucidità al pianto» ed è preoccupato per gli uomini che ha ferito. Negri è fuori pericolo, la prognosi per Giangrande è ancora riservata. Per capire se «potrà recuperare la mobilità degli arti», spiega l'ultimo bollettino medico, bisognerà attendere la fine della settimana.
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