Il premier esulta sui tagli ma il governo già traballa

Al Senato maggioranza battuta due volte e poi salva di un soffio sulla riforma delle Province. Oggi il voto finale. Renzi: "Tremila stipendi in meno per i politici"

Il premier esulta sui tagli ma il governo già traballa

Roma - Il cammino delle riforme in Parlamento può diventare una via crucis: se Matteo Renzi non lo avesse avuto già chiaro, è bastata la giornata di ieri a dimostrarlo.
Mentre alla Camera governo e deputati del Pd si scontravano ferocemente sul contenuto di frutta dei succhi di frutta (il governo lo vuole più basso, il salutista Pd più alto), al Senato l'esecutivo è andato due volte in minoranza sul ddl Delrio che abolisce le Province. Provvedimento che va licenziato entro domani, altrimenti a maggio si dovrà votare anche per i sopprimendi consigli provinciali. È successo in commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama dove maggioranza e governo sono andati sotto due volte sugli emendamenti: prima è passata una norma proposta da Sel che restituisce alle Province le competenze sull'edilizia scolastica. Poi è stato bocciato l'emendamento del relatore Francesco Russo, del Pd, che fissava un tetto alle indennità dei presidenti delle Province in misura non superiore a quella del sindaco del Comune capoluogo. «Solo un incidente, dovuto all'assenza di un senatore», spiega Russo. E Renzi twitta: «Se passa la nostra proposta sulle Province, tremila politici smetteranno di ricevere un'indennità dagli italiani». Le resistenze però si annidano non solo fuori (dove Fi, Lega e grillini si battono come leoni per difendere le Province dall'estinzione) ma anche nella maggioranza: il senatore mancante chiamato in causa da Russo è infatti l'ex ministro Mario Mauro, che milita sotto le bandiere di «Per l'Italia» e che ha rivendicato le ragioni «politiche» della sua assenza, adducendo motivazioni costituzionali per i suoi dubbi sugli stipendi dei presidenti di Provincia. Di lì a poco, la maggioranza ha tremato di nuovo, quando il ddl è arrivato in aula e si son votate le pregiudiziali di costituzionalità delle opposizioni, che avrebbero affossato il ddl: 112 sì, 115 no, salvi per una manciata di voti. Mentre la fiducia al governo Renzi era passata con 169 sì.
Un segnale inquietante, quei numeri, visto che di qui a poco per quell'aula dovranno passare riforme ben più indigeste ai senatori, come l'Italicum e l'abolizione del Senato medesimo. Grimaldelli indispensabili a Renzi anche per la prossima campagna elettorale per le Europee, alla quale deve arrivare dimostrando di saper imporre le riforme ad un Palazzo neghittoso e ad un'opposizione, Cinque Stelle in testa, fondamentalmente conservatrice. Stasera il premier riunisce i gruppi parlamentari e venerdì la Direzione per incassare il via libera al testo delle riforme, aperto ad eventuali miglioramenti. Una volta approvata la bozza, però, il Pd sarà vincolato a sostenerla fino in fondo, e a rispettarne i tempi rapidi.
Le Europee preoccupano non poco il Pd, che non potrà giocare la sua carta più forte, ossia Renzi stesso: un brand in grado, da solo, di spostare vari punti percentuali. Il premier però non si esporrà in prima persona, nonostante l'idea di mettere il suo nome nel simbolo venisse proprio dall'ala renziana del Pd. Renzi non ne ha voluto sapere (pur non escludendo affatto l'uso del brand per le future politiche): troppo forte ora il rischio di polemiche interne, e troppo incerto il voto in una campagna che sarà caratterizzata dall'ondata anti-Euro, con il Pd obbligato a difendere le posizioni europeiste.

Anche se il piglio poco accomodante di Renzi può far presa anche su chi diffida di Bruxelles. L'asticella del successo è fissata al 30%, anche se i sondaggi oggi danno il Pd al di sopra, e il sogno accarezzato da Renzi è quello di bissare il record veltroniano e sfondare il tetto del 33%.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica