- Chi si professa garantista, come il sottoscritto, deve esserlo sempre, anche con Mohammad Hannoun. Il punto è che il signore in questione non ha mai nascosto di essere un “simpatizzante di Hamas”. Ecco. Il milione di euro trovato in contanti è sospetto. Il fatto che abbiano ritenuto necessario nascondere dei computer dentro un’intercapedine lo è ancor di più. A sentire i pm, i milioni raccolti in Italia finivano più ai terroristi che ai bisognosi. Vedremo. Ma il punto grave, qui, è che un pezzo di società — immigrati, seconde generazioni e Pro Pal vari — ritiene giusto finanziare la “resistenza palestinese” che spara missili verso Israele, seppellisce ostaggi vivi nei tunnel di Gaza e massacra 1200 civili inermi nell’operazione terroristica del 7 ottobre. Non voglio giustificare Israele. Non voglio chiudere gli occhi di fronte alle violenze dei coloni. Né ritengo che Tel Aviv sia esente da colpe. Ma chi oggi si scandalizza per i fondi dirottati verso la Striscia ha fatto finta di non vedere le manifestazioni Pro Pal. In quelle piazze si urlava alla “Palestina libera dal fiume al mare”, alle “donne ebree che non sono state stuprate”, ai “collaborazionisti da uccidere”. Eppure tutto questo, per molti, sembrava accettabile.
- Ma in fondo sono gli stessi che — quando fai notare loro che i Partigiani, durante la Liberazione, hanno ucciso, a volte anche dopo processi sommari — rispondono con un laconico: tutte le resistenze richiedono un prezzo di sangue.
- E invece Silvia Salis che fa? Dice che “non prenderò mai alcuna distanza da uno straordinario movimento di solidarietà per la popolazione palestinese nato a Genova e del quale sono profondamente orgogliosa”. Ed è qui l’errore. Certo: è legittimo scendere in piazza per Gaza e per i palestinesi. Ma i toni contano. E quello “straordinario movimento” di cui parla la Salis contiene una frangia molto ampia che non chiede solo giustizia per la Palestina, ma anche la distruzione di Israele. E questo non è accettabile. Per dire: tutti noi andremmo in piazza per l’Ucraina, ma lo faremmo lo stesso se i nostri vicini di corteo urlassero “morte a tutti i russi”?
- Ma davvero Elly Schlein non ha ancora detto una parola?
- Siamo nel tempo dell’over-informazione. Quindi non mi sorprende che da settimane i giornali ruotino attorno a questo fantomatico piano da 20 punti per la pace in Ucraina. La verità è che tutto, al momento, si trova nelle mani di Trump, Putin e Zelensky e che in realtà sappiamo molto meno di quanto vorremmo. Ed è comprensibile. I trattati di pace sono fatti di dettagli, virgole, tempi giusti. Non sono un pranzo di gala.
- Riporto l’incipit di un articolo uscito su Repubblica: "Le sanzioni occidentali contro gli oligarchi russi miravano a creare scontento tra i potentati economici di Mosca per spingerli contro Vladimir Putin. Dopo quasi quattro anni di conflitto, si può dire che quella strategia, avviata da Joe Biden e proseguita da Donald Trump con l’ausilio dell’Europa, non ha funzionato". Sommessamente, su questa rubrica, tempo fa, scrivemmo che le sanzioni alla Russia avrebbero colpito molto più l’Europa di quanto non avrebbero dato fastidio a Putin.
E così è andata. Eppure ricordo articoli su articoli su come stessero funzionando bene, sull’economia russa prossima al crollo, su Putin seduto su una bomba a orologeria finanziaria. Ecco l’errore: scambiare i desideri per fatti.