Procedimento disciplinare per le sue frasi dopo il verdetto sul Colle intercettato

Procedimento disciplinare per le sue frasi dopo il verdetto sul Colle intercettato

RomaPer Antonio Ingroia sono giorni di Maalox a iosa. Il leader di Rivoluzione civile, fuori dal Parlamento e da tutti i giochi politici, è anche al centro di un'azione disciplinare da parte della Procura generale della Cassazione. L'accusa, quello di vilipendio alla Corte Costituzionale. L'ex procuratore aggiunto di Palermo attualmente in congedo elettorale in alcune interviste avrebbe attaccato la Consulta per la sua decisione di distruggere le intercettazioni indirette del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (a colloquio con l'ex ministro Nicola Mancino, all'epoca non ancora indagato) disposte nell'ambito dell'indagine sulla presunta trattativa tra Stato e mafia. Ingroia al momento della sentenza dei giudici costituzionali non svolgeva già più le funzioni di procuratore aggiunto a Palermo, nella cui veste aveva coordinato l'indagine sulla presunta trattativa, ma era un magistrato fuori ruolo, in Guatemala per ricoprire un incarico dell'Onu contro il narcotraffico. Nelle interviste nel mirino della Cassazione Ingroia avrebbe «platealmente esorbitato dai limiti del diritto di critica e di espressione del proprio pensiero» con frasi come «le ragioni del diritto sono state mortificate» e «le decisioni della Corte Costituzionale devono avvenire in base alle regole del diritto e non alle ripercussioni politiche».
Ora nei confronti del magistrato e politico siciliano inizierà un'istruttoria, al termine della quale la Procura della Cassazione inoltrerà le sue richieste alla sezione disciplinare del Csm. Due i casi: non luogo a procedere o la sollecitazione di sanzioni al magistrato. Il tutto in tempi non prevedibili e comunque non brevissimi: la legge stabilisce fino a due anni per concludere l'istruttoria prima che la vicenda approdi all'organo di autogoverno della magistratura. Ingroia potrebbe anche essere ascoltato alla presenza di un difensore.
Ingroia ieri è caduto dalle nuvole: «Ho appreso solo dai giornali di questa presunta iniziativa. Sono sereno e tranquillo perché so di non aver commesso alcun illecito, ma di avere espresso solo un'opinione. Mi auguro che il diritto di critica in Italia sia ancora consentito, anche ai magistrati». Quel che è certo è che se Ingroia, della cui avventura elettorale si ricorderà soprattutto la memorabile imitazione di Maurizio Crozza, vorrà andare avanti nella sua avventura di leader di Rivoluzione Civile dovrà necessariamente lasciare la magistratura. Con la proclamazione degli eletti al Parlamento finirà infatti l'aspettativa che gli ha concesso il Csm.

E la riforma dell'ordinamento giudiziario del 2006 ha reso un illecito disciplinare per i magistrati l'iscrizione o la partecipazione a partiti, come pure il «coinvolgimento nelle attività di centri politici» che possono «condizionare l'esercizio delle funzioni o comunque compromettere l'immagine del magistrato». Così, o il ritorno in Guatemala o la toga, comunque non da pm e non dove si è candidato. Dura la vita dei leader senza seggio.

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