Politica

«Il processo Ruby? Una farsa: non doveva neppure cominciare»


Milano La contro-requisitoria di Marina Berlusconi alla cosiddetta «guerra dei vent'anni». Eccola: «Il processo Ruby è una farsa». Certi magistrati, anziché essere «servitori della giustizia» si comportano come «giustizieri». E agiscono all'interno di «procure ad personam». Così, «da questa ingiustizia è difficile difendersi». Ingroia «continua a comportarsi come se non fosse un magistrato ma un leader politico». «Ci sono media che sono diventati incubatrici permanenti di faziosità, di menzogne e di odio». Sono parole infuocate quelle che Marina Berlusconi consegna a Giorgio Mulè nell'intervista che Panorama pubblica nel numero oggi in edicola. Parlando con il direttore del magazine di Segrate, la presidente di Fininvest e di Mondadori evita preamboli e va dritta ai fatti degli ultimi giorni, punto di svolta della guerra tra la Procura di Milano e Silvio Berlusconi. È in atto «un attacco concentrico. Un assedio. L'obiettivo è chiaro: colpire una volta di più mio padre, come politico, come imprenditore, ma anche nella sua dignità di uomo».
Parla mossa dall'«amore filiale», proclamandosi orgogliosa di essere la primogenita dell'ex premier: «Non c'è mai stato nulla che potesse anche lontanamente incrinare questo orgoglio». Ma parla anche «per amore di verità». Che la fa temere per le sorti del Paese. C'è chi pur di colpire Berlusconi non si ferma di fronte «al rischio di fare danni gravi, molto gravi» all'Italia. Sono «i signori della guerra», dice la numero uno di Mondadori. Ai quali «non la si darà vinta» sottolinea, convinta «che nessuna persona di buon senso possa tifare per l'instabilità». In prima fila tra quei «signori della guerra» c'è «un gruppo di magistrati spalleggiati da qualche redazione e qualche arruffapopoli». Sono loro il primo bersaglio della contro-requisitoria di Marina Berlusconi. L'indipendenza della magistratura «è un principio sacrosanto», riconosce. Ma «il problema è che è stato usato per cancellare altri principi, altrettanto fondamentali» che riguardano la sfera della persona: «Il diritto al rispetto della propria dignità, a una privacy, a non vedersi linciati sui media prima ancora non dico di una sentenza, ma di un processo». Per la presidente Mondadori si tratta di «un meccanismo diabolico» nel quale ci si può trovare in balìa «dei protagonismi di certe toghe. Che a volte sembrano proprio aver dimenticato quel che dovrebbero essere: servitori della giustizia, e non “giustizieri” in nome di qualche fanatismo ideologico».
Accuse pesanti, che però non riguardano genericamente la magistratura. «Qui stiamo parlando di un gruppo non ampio di magistrati», precisa la figlia dell'ex premier, «a cominciare da una pattuglia di procure che sono, quelle sì per davvero, procure ad personam». Sono queste procure ad aver attuato una «persecuzione giudiziaria». Berlusconi «era arrivato all'età di 58 anni senza ricevere nemmeno un avviso di garanzia. Poi... nel giro di pochi mesi si è scatenato un attacco che dura ininterrotto da vent'anni e che peraltro non ha portato neppure a una condanna definitiva nonostante 33 procedimenti». Se non è «persecuzione giudiziaria» questa, osserva la numero uno di Segrate. «Tutti dobbiamo essere uguali di fronte alla legge, e ci mancherebbe, ma anche la legge deve essere uguale per tutti». Invece, per la sua primogenita il Cavaliere è stato sottoposto a un trattamento speciale. Il processo Ruby «è una farsa che non doveva neppure cominciare. Le presunte vittime negano, o addirittura accusano l'accusa. I testimoni dei presunti misfatti non ne sanno nulla. Di prove neppure l'ombra... Finirà tutto in una bolla di sapone, come sempre», azzarda. Si parla anche della condanna per la vicenda dell'intercettazione su Unipol-Bnl. «Sì, l'uomo più intercettato d'Italia, il presidente del Consiglio... condannato senza la minima prova per una intercettazione di cui neppure conosceva l'esistenza». E poi del processo per i diritti Mediaset con la condanna in appello per frode fiscale. «Accusano mio padre per l'evasione di 3 milioni di euro», replica Marina Berlusconi «a fronte dei 567 milioni di imposte che il nostro gruppo ha pagato in quello stesso biennio. E ignorano due sentenze definitive sugli stessi fatti contestati, che lo scagionano completamente, chiarendo che non si occupa più, da tempo, delle aziende».
Ce n'è anche per Antonio Ingroia: uno «che ha costruito la sua carriera politica sulle inchieste, naturalmente a vuoto, contro mio padre, che si è candidato alle elezioni senza nemmeno avvertire il pudore di dimettersi, che adesso, bocciato sonoramente dal voto... continua a comportarsi come se non fosse a tutti gli effetti un magistrato ma un leader politico... Questo signore si permette di descrivere la Fininvest come una società che ha riciclato capitali mafiosi», prosegue Marina Berlusconi, prima di annunciare: «Firmerò personalmente l'atto di citazione nei suoi confronti che gli avvocati stanno ultimando». C'è «una gran rabbia» nelle parole della presidente Fininvest: «la rabbia dell'impotenza, perché da questa giustizia è molto difficile difendersi». Eppure, quando Mulé le chiede che cosa si attende dai processi in corso e dalle prossime sentenze Marina Berlusconi risponde: «Posso dirle quel che dovrei attendermi. Una cosa soltanto.

Giustizia».

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