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La procura non cede «Il salva Ilva viola la Carta dei diritti Ue»

È uno scontro senza esclusione di colpi quello che si sta consumando attorno all'Ilva di Taranto. Una vicenda che, a quasi sei mesi dai primi sequestri dell'area a caldo, è ben lontana dal concludersi. Ieri, in forza della legge 234 del 24 dicembre scorso, gli avvocati dell'azienda hanno chiesto al Tribunale d'appello di dissequestrare quanto (coils e lamiere per un milione e 700mila tonnellate, valore un miliardo di euro) era stato bloccato a fine novembre dalla magistratura. Il materiale dovrebbe andare nello stabilimento di Genova, per essere lavorato, pena il blocco dell'azienda in Liguria rimasta in panne per mancanza di forniture. L'azienda aveva già chiesto il dissequestro nei giorni scorsi, ma la Procura ha detto no e rinviato la questione al gip Patrizia Todisco che ha firmato il sequestro a novembre. «Con la legge 231/2012 “salva Ilva”, «si viola la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea», scrive la Procura di Taranto chiedendo al gip e al Riesame di sollevare eccezione di incostituzionalità.
«Il peso di questo scontro si sta riversando interamente sulle spalle esauste dei lavoratori.

Eppure, proprio il dissequestro dei materiali potrebbe rappresentare il grimaldello per sbloccare la vicenda e intraprendere, finalmente, la strada che porta al rispetto della salute e delle garanzie occupazionali», tuona Aldo Pugliese, segretario generale della Uil di Puglia. Il presidente dell'azienda, Bruno Ferrante, parla di «accanimento» contro l'Ilva e in una nota afferma che «i magistrati si oppongono senza ragionevoli motivazioni alla liberazione dei beni».

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