La procura teme la fuga Arrestata lady Matacena

La procura teme la fuga Arrestata lady Matacena

L'inchiesta che giovedì scorso ha portato all'arresto dell'ex ministro dell'Interno Claudio Scajola si ingarbuglia e si arricchisce di nuovi gialli. Il primo riguarda il fermo di Chiara Rizzo, moglie di Amedeo Matacena, fermata ieri all'aeroporto di Nizza. La donna è stata presa in consegna dalla polizia francese, presente l'ufficiale di collegamento italiano e funzionari della Dia. La compagna dell'ex armatore condannato a cinque anni per concorso esterno in associazione mafiosa ancora a Dubai in attesa di estradizione aveva annunciato di voler tornare in Italia al più presto per «chiarire tutto». Sarebbe dovuta sbarcare ieri sera a Reggio Calabria con un volo dalla Francia via Roma, («Era tutto pronto», dice il suo avvocato, Bonaventura Candido), ma l'intervento della polizia francese ha complicato tutta la vicenda. Oggi alle 14 e 30 a Nizza, davanti al giudice competente, si terrà l'udienza di convalida dell'arresto, poi il giudice chiederà la documentazione che riguarda l'inchiesta in cui sono coinvolti la moglie di Amedeo Matacena e Claudio Scajola. I tempi, dunque, si allungano. «Pazienza, a fronte di un biglietto pagato dalla signora, adesso il trasferimento a Reggio Calabria sarà a carico dello Stato – dice sornione il legale della Rizzo - L'impianto accusatorio resterà solido? Alcune intercettazioni sono molto criptiche, vedremo».
Il reato che viene contestato a lady Matacena è di aver ottenuto i beni del marito per aggirare il sequestro giudiziario, anche a fronte di una possibile separazione tra i due di cui si parla anche nelle intercettazioni e che per i pm sarebbe «apparente» tanto che la donna al telefono dice: «Dice che mi hanno bloccato i conti … forse perché sono beneficiaria... Possono indagare su di me? Io che c'entro?».
Il secondo riguarda il reato di concorso esterno che sarebbe stato contestato all'ex titolare del Viminale. In realtà si tratta di un capo di imputazione che in gergo si definisce «fluido» e che sarebbe contenuto nelle pieghe del decreto di perquisizione dove si ipotizza per tutti i partecipanti al presunto sodalizio che stava organizzando l'esilio dorato di Matacena in Libano il sostegno all'associazione mafiosa. Perché questa circostanza viene fuori soltanto ora, quattro giorni dopo l'eclatante arresto? In Procura le bocche sono cucite, vista la delicatezza dell'inchiesta e vista anche la fattispecie di reato contestata, che non trova cittadinanza giuridica in nessun altro Paese al mondo e che, per reati di ‘ndrangheta, è stata riconosciuta solo in presenza di una partecipazione attiva del soggetto alle attività criminali dei boss. Stando alle carte oggi in mano alla Procura non c'è alcuna evidenza di questo «concorso esterno», anche perché l'ipotesi di «mafiosità» del sodalizio caldeggiata dai pm è stata sonoramente bocciata dal gip, Olga Tarzia. L'escamotage della Procura è chiaro: visto che le carte non erano sufficienti a ipotizzare in maniera conclamata il concorso esterno per un ex ministro dell'Interno, circostanza che avrebbe certamente fatto molto rumore, si è «aggirato» il problema con questa contestazione «fluida» del reato allo scattare delle perquisizioni, sperando che dalle carte sequestrate agli indagati possa saltar fuori qualcosa. Ma senza prove concrete di un intervento di Scajola a vantaggio delle cosche calabresi – e nelle carte dell'inchiesta quelle che ci sono non hanno superato il filtro del Gip - è molto difficile che questa ipotesi possa reggere in un eventuale processo. Anche perché l'identità dei personaggi che avrebbero tentato di aiutare Matacena attraverso Scajola non è chiara.

Oltre agli indagati come Vincenzo Speziali (considerato il referente dell'ex ministro Scajola in Libano grazie alla parentela – sempre smentita dagli interessati – con l'ex presidente Amin Gemayel) altri soggetti concorrenti «di cui non si è giunti all'identificazione» sono «rimasti in ombra». Sono dei boss di 'ndrangheta? La procura ci spera. Perché se la presenza nel sodalizio del solo «mafioso» Matacena non dovesse bastare, i pm rischiano la figuraccia. E l'intera inchiesta potrebbe naufragare.

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