Tornare a produrre in Italia perché «siamo ancora i migliori». Nannini fabbrica borse e accessori in pelle dal 1945, quando è nata a Firenze. Il legame col territorio reciso una quindicina di anni fa in nome della delocalizzazione a favore dei paesi dell'Est e la scelta di tornare sui propri passi. Quella «irrinunciabile», secondo l'amministratore delegato Alessandro Giudice. «Perché le cose bisogna farle dove si sanno fare. Riscoprire la tradizione non è un fatto marginale. Non si può disperdere il know-how. Questo Paese conserva competenze costruite e sedimentate nei secoli. Non a caso le griffe del lusso scelgono di produrre qui».
L'estero continua però a costare meno.
«Sicuramente ma il risparmio non è tutto. Quando si parla di emozionalità del prodotto ci si riferisce al senso di appartenenza, allo stile, all'artigianalità italiana impareggiabile, alla manualità. I consumatori oggi sono sofisticati. Tra il low cost e la qualità bisogna scegliere quest'ultima».
Nannini torna a produrre in Toscana andando contro corrente?
«No. Negli anni '50 siamo stati tra i primi a proporre la produzione esternalizzata, prima a casa nostra, poi all'estero. Ora siamo tra i primi a tornare ma lo faranno molti altri».
Perché?
«Perché per vendere nel mondo occorre il marchio italiano, il nostro valore. Bisogna vendere oltre confine e "costruire" in casa».
Ma ormai anche gli altri paesi avranno imparato come si lavora
«Hanno imparato il mestiere ma solo quello a basso costo, non sono in grado di soddisfare alti standard qualitativi.
In Europa chi compete con la nostra capacità artigianale?
«Nessuno. In certe cose restiamo i migliori».
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