RomaLa nuova provocazione sarebbe probabilmente passata inosservata, se il ministro non fosse anche professoressa. Il fatto è che, anche dopo la nomina al dicastero di via Veneto, Elsa Fornero della docente non ha perso né lo stile né il tono e devono essere stati in molti, anche adulti, ad essersi sentiti sotto tiro quando ieri, nella sua Torino, ha bocciato le nuove generazioni: «I nostri giovani studiano ancora troppo poco, sanno troppo poco». Affermazione basata innanzitutto su un dato quantitativo.
I giovani tra 18 e i 24 anni con un titolo di studio di scuola secondaria inferiore, che ha lasciato gli studi in Italia sono il 18,8%, mentre la media europea è del 14%. E sotto questa media si trovano Paesi in qualche modo vicini come la Spagna (11 per cento) e la Francia (12 per cento). «Sono dati che evidenziano - ha sottolineato Fornero - che cè una percentuale ancora troppo alta di popolazione giovane lasciata a sé stessa. Un dato questo rischioso per i giovani ma anche per la società». Ancora più ampio il gap per quanto riguarda le università: la percentuale italiana è del 19,8 per cento contro una media europea del 33,6 per cento. «Questo vuol dire - ha detto Fornero - che i nostri giovani studiano ancora troppo poco».
Ma il ministro ha da ridire anche sulla qualità. «I nostri ragazzi sanno troppo poco, non conoscono le lingue, neppure la loro, non conoscono i rudimenti di aritmetica e matematica e, in taluni casi, non sanno far di conto. E anche per quanto riguarda i laureati - ha concluso - il quadro è desolante». Facile la risposta arrivata da Giorgia Meloni. «Se i giovani non conoscono nemmeno l'italiano - ha risposto via Twitter lex ministro alla Gioventù alla professoressa in aspettativa - qualche colpa sarà pure dei professori».
Comunque gli unici a contestare le affermazioni di Fornero nel merito sono stati i presidi. Quelle del ministro sono «valutazioni di carattere generalistico» che «hanno scarso valore, nel senso che hanno la pretesa di valutare un quid medium che neppure le statistiche riescono a valutare, attraverso un giudizio basato sullimpressione. Credo che da chi ha responsabilità di Governo ci si debba attendere politiche da una parte e strumenti dallaltra per migliorare lo stato delle cose», ha spiegato Giorgio Rembado, presidente dellAssociazione nazionale presidi. Il sospetto dei capi di istituto è che sotto le affermazioni di Fornero ci siano vecchi pregiudizi dei professori universitari verso i colleghi delle scuole, «guardano allistruzione che gli studenti hanno dietro le spalle con un occhio particolarmente negativo, come se listruzione secondaria non preparasse ai livelli superiori». Questo quando le vere differenze sono «tra nord, centro, sud e isole, tra una tipologia e laltra di scuola secondaria superiore. Una diversità che avvicina le migliori performance a quelle più alte della Finlandia e porta le peggiori molto lontano dalle prime».
Quasi daccordo con Fornero, lUdu, «sindacato» degli studenti universitari e filiazione della Cgil. Forneno «scopre lacqua calda». Ma «dal governo ci dovremmo aspettare soluzioni, invece che conferme delle politiche che hanno portato a questa situazione drammatica. È ora di liberare la conoscenza». Tra le proposte degli universitari di sinistra, difendere il valore legale della laurea e alzare lobbligo scolastico a 18 anni. Ancora più filo ministro, i giovani dellUdc: le parole di Fornero «potranno far pur male, ma hanno un fondo di ragione: gli studenti italiani hanno problemi con le lingue e con le materie tecniche».
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