Promesse, passerelle e baci La campagna dei «Monti boys»

Promesse, passerelle e baci La campagna dei «Monti boys»

nostro inviato a Rimini

Gli spigoli che si smussano, le parole che si addolciscono, i gesti che si umanizzano. Le distanze dalla gente improvvisamente azzerate, le passeggiate purificatorie con tanto di look scamiciato tra stand, piadine e bambini, le copertine dei settimanali riempite da affettuose foto familiari a metà tra tradizione kennediana e iconografia da Mulino Bianco. È l'agosto della mutazione genetica dei ministri tecnici più ambiziosi, quelli che ci hanno preso gusto e guardano al domani come un tempo da non rinchiudere necessariamente nelle stanze dorate di istituti bancari, università o grandi studi legali ma da proiettare verso i riflettori della politica.
L'agosto in cui le montagne russe dello spread non fanno più paura, il barometro non segna più tempesta e il lungo tunnel della crisi si accorcia come per magia fino a fare intravedere la luce. Miracoli del Meeting 2012 diventato il crocevia del governo e dell'ottimismo. Prima Mario Monti «il Grigio», con uscita degna del mago Gandalf, ci spiega che la consapevolezza della crisi è già di per se stessa condizione di ottimismo.
Come dire che quando sai di essere povero sei ormai pronto a diventare ricco, anzi lo sei già un po'. Sarà. Tocca poi a Corrado Passera ribadire che l'Italia potrà restare nel club ristretto dei Paesi più ricchi, ma a condizione che «l'esercizio corale» intrapreso con il governo Monti vada avanti. Lo stesso Passera che dopo aver lanciato il classico «e ora meno tasse», alla domanda sul suo possibile futuro in politica si schernisce con un modesto: «Per ora faccio benissimo il ministro... anzi, cerco di fare bene il ministro».
A chiudere il cerchio è Elsa Fornero che dichiara conclusa la fase del risanamento. D'ora in avanti bisognerà parlare solo di sviluppo. E aggiunge: «Bisogna prima di tutto intervenire sulla tassazione sul lavoro, che continua ad essere troppo alta. È arrivato il momento di alleggerire il carico fiscale sul costo del lavoro, a parità di gettito, magari con una decontribuzione per le imprese che valorizzano il capitale umano. Me ne assumo la responsabilità».
Il tutto accompagnato da uno sfogo: «In questi mesi ci sono stati momenti di grandissima amarezza, nei quali, come persona, mi sono sentita ferita. Ma io credo che lo spirito con il quale ho accettato l'invito di Monti rimanga, e quindi nel complesso devo dire di sì, rifarei il ministro».
Il ministro del Welfare, elegantissima nel suo vestito chiaro, si concede anche una passeggiata tra gli stand. Una visita partita nel segno della dolcezza con una carezza a una bambina e il tentativo di scambiare con lei qualche parola. E poi tramutatasi in un piccolo esame inflitto ai lavoratori presenti nello stand allestito dal suo dicastero. «Chi si occupa di lavoro stagionale? C'è qualcuno che può dare una risposta anche se io la risposta la so?». Il ministro viene così indirizzata al personale di Italialavoro e anche qui trova «impreparazione». Per questo, rivolta al personale dello stand, lo redarguisce: «Dovete essere preparati». L'istinto dello scorpione, insomma, alla fine prevale.
Ma la piccola caduta non inficia una semplice verità: i «Monti boys» in carriera hanno ormai iniziato la loro campagna elettorale. E neppure dissimulano più le loro mosse. Più indefinito l'approdo, nell'orizzonte politico attuale avvolto da nebbie fittissime. Se Monti appare in pole position per il Quirinale ma potrebbe anche imbarcarsi in un bis della sua esperienza a Palazzo Chigi, Passera è quello che appare più naturalmente attratto dalla politica come opzione di vita. Per l'ex ad di Intesa si profila un ruolo di leader possibile del nuovo contenitore di centro immaginato da Casini, Fini, associazionismo cattolico, pezzi di sindacato e impresa, lo stesso vascello in cui potrebbero salire il ministro iper-montiano Andrea Riccardi e forse Lorenzo Ornaghi. Elsa Fornero, invece, continua a ribadire che non intende candidarsi ma non esclude una nuova avventura governativa.

Sullo sfondo da una parte i partiti assistono a questo rito di passaggio con più di un mal di pancia, chiedendosi se sia accettabile lo spettacolo di un governo non più tecnico ma ormai trasformato in organismo politico al servizio di un disegno di parte. Dall'altra gli italiani si limitano a sperare che la luce individuata da Monti ci sia davvero. E non sia quella del treno che ci sta arrivando addosso.

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