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Province, quelle unioni impossibili

diUna rivoluzione all'italiana, anche questa. In teoria siamo una popolazione che si accalora per cause nobilissime. Tutti devono pagare le tasse: tutti gli altri. Bisogna costruire rigassificatori e discariche: non nel nostro comune. È scoppiata la guerra: armiamoci e partite.
Va così anche con questa storica svolta delle Province, sforbiciate con troppi pudori. Erano 86, diventano 51: non è quello che tutti a parole volevamo. Ma quando s'è sparsa la voce che il taglio non avrebbe colpito tutti indistintamente, s'è alzata subito la caciara dei piagnistei e dei vittimismi. Come per tutte le grandi scelte all'italiana: aboliamo le Provincie, non la mia.
Il risultato è questo eccentrico scacchiere, che i cartografi dovranno quanto prima aggiornare, tracciando nuove linee di confine e inventandosi nuove colorazioni. Per la verità in alcuni casi basterà tornare indietro di qualche anno, ripristinando il preesistente, vedi su tutti l'esempio di Monza e Milano, avvinghiate come sempre, come sono nella realtà.
Ma non è tutto così semplice: la riforma parziale, che accorpa chi ha meno di 350mila abitanti o meno di 2.500 chilometri, produce effetti oggettivamente grotteschi. Per non dire altro. In Veneto, tanto per andare a caso, si stanno tutti chiedendo cosa c'entri Verona con Rovigio, o Rovigo con Verona, che poi è lo stesso: in attesa di chiarirsi il dubbio, dovranno comunque farsene una ragione, perché questa è la riforma, e da noi sulle riforme non si scherza quasi mai. Verona può consolarsi all'idea di avere finalmente lo sbocco sul mare, aggiungendo ai suoi piatti tipici anche l'anguilla. Rovigo sarà finalmente terra di pandori e di grande lirica.
Lo so, è tutto così sommario e infantile. Si rischiano analisi da sussidiario e da enciclopedia Conoscere, ma soltanto chi ha deciso gli accorpamenti conosce fino in fondo gli alti motivi fondanti delle nuove comunità allargate. Certo Parma e Piacenza stavano anticamente dentro lo stesso Ducato, ma col passare del tempo e della storia ora come ora non entrerebbero insieme nemmeno dentro lo stesso Ducato Fiat, per una gita fuoriporta.
Certo in qualche caso si andrà alla semplificazione, la nuova provincia che coinciderà con la regione, vedi il Molise, vedi la Basilicata, vedi l'Umbria. Ma ci sono unioni che già da adesso scatenano scintille, come avvicinassero due poli dello stesso segno. Basti pensare a Padova e Treviso, a Taranto e Brindisi, a Foggia con il trio Andria-Barletta-Trani.
Su tutti, però, ci dovranno un giorno spiegare come pensano sia possibile l'accoppiamento più acrobatico di tutti, un vero kamasutra geopolitico: Pisa e Livorno.
Certo, i criteri sono i criteri, e non si può pensare di sospenderli per casi particolari. Gli italiani sarebbero tranquillamente in grado di dimostrare d'essere tutti casi particolari, di meritare tutti un'eccezione, con il risultato di passare dopo il taglio da 86 a 86. Ma con Pisa e Livorno, sinceramente, siamo al di là dell'immaginabile. Meglio avere un morto in casa che uno di quelli alla porta, dicono amabilmente gli uni degli altri. Quando un livornese deve raccontare barzellette, nella parte dell'idiota c'è sempre il pisano. E quando le racconta un pisano, inutile chiedersi chi sia l'idiota. Proprio non ce la fanno a sopportarsi, né nelle barzellette, né allo stadio, né tanto meno in tutto il resto.
Dicono gli ottimisti che neppure Piemonte e Sicilia, genovesi e veneziani, papalini e borbonici sarebbero riusciti a immaginare d'essere un giorno la stessa gente, la stessa cosa, lo stesso Stato. Poi però è arrivata l'Italia e le diffidenze sono cadute. Insomma, è tutto da vedere. Formalmente è così, ci mancherebbe pure. Ma dire che l'Italia abbia assorbito tutte le divisioni, tutte le invidie, tutte le rivalità, diciamocelo onestamente, è un dire vagamente ardito.
La verità è che saranno unioni formali, non di fatto. Gli ingenui si preoccupano soltanto di sapere come saranno le nuove targhe (appunto: come saranno le nuove targhe?), ma il futuro si presenta complesso. Mentre le Province sopravvissute si arroccheranno sempre più orgogliosamente nel proprio desiderio di sopravvivenza eterna, le tagliate vivranno di risentimenti e di rancori, considerandosi vittime di accanimenti personalizzati: porca miseria, perché io sì e lui no?
Altro che riduzione. Altro che accorpamento. Termini troppo soft, inadeguati all'Italia.

Per mettere tutti d'accordo sarebbe servita una parola sola: abolizione. Poi, felici e contenti, ci saremmo tutti ritirati dentro le nostre mura, come usava una volta, nella gloriosa Italia dei campanili, che in fondo non abbiamo mai dimenticato.

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