La stanza di Feltri

Quando parla un dem c'è odore di naftalina

Quando parla un dem c'è odore di naftalina

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Quando parla un dem c'è odore di naftalina

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Caro Feltri,
l'editoriale di domenica 5 maggio vale il prezzo, all'estero più salato, del Giornale, per seguirla. La seguo da sempre perché rispecchia il pensiero comune di tanti Italiani, anche all'estero, e non posso credere, anzi sì, che i «piddini», insomma i difensori del pensiero unico di sinistra, siano così ottusi da negare anche l'evidenza. Vivendo in Svizzera e vedendo le cose da fuori, mi fa ancora più rabbia.
Tommaso Pennella
Gstaad (Svizzera)

Caro Tommaso,
in verità i sedicenti democratici, quelli che si considerano superiori eticamente, perennemente dalla parte giusta della storia, non negano affatto l'evidenza, semplicemente non la vedono. Essi vivono scollati dalla realtà e quindi sono portati a ritenere che i problemi effettivi della gente e del pianeta si risolvano vietando a certi veicoli, quindi a intere famiglie, di entrare in città attraverso i propri mezzi di locomozione, facendo più piste ciclabili selvagge e mortali, declinando i nomi al femminile se riferiti alle donne, liberalizzando abomini come l'utero in locazione e altra robaccia simile. La sinistra è convinta che le problematiche che affliggono gli italiani siano il fascismo, il razzismo, l'omofobia, il sessismo, il patriarcato, Giorgia Meloni, Matteo Salvini. Questa gente qui vive al di fuori della nostra dimensione, ancorati ad un'epoca che ci siamo lasciati alle spalle parecchi decenni addietro e verso la quale i progressisti manifestano nostalgia. E il motivo di tale sentimento è comprensibile: essi allora valevano qualcosa, avevano qualcuno contro cui combattere, avevano valori da difendere, erano portatori di ideali. La crisi della sinistra risiede appunto in questa assenza di valori, così accade che vengano sposate e promosse cause del piffero, addirittura ridicole, insignificanti, per sopperire a codesta carenza di contenuti. Ma si può nel 2024 fare opposizione ciarlando costantemente di allarme fascismo? E si possono condurre campagne elettorali, che siano amministrative o europee, sempre ripetendo che «occorre contrastare le destre fasciste»? È questo il programma elettorale permanente della sinistra italiana? Sul serio?

Ma davvero si crede che le persone normali, come me e te (ah, scusa, «normale» è aggettivo messo al bando), si facciano conquistare o impressionare da simili inconsistenti argomentazioni?

Ci siamo illusi che Elly Schlein potesse portare una ventata di freschezza nel Pd, ma mio nonno avrebbe fatto meglio, sarebbe stato più attuale e contemporaneo. Quando un dem parla, io sento puzza di naftalina. Vengo immediatamente proiettato all'indietro. Soltanto una volta mi è capitato di essere colpito e sedotto dai discorsi della segretaria del Pd ed è stato quando ella ci ha spiegato che per vestire bene è necessario sapere abbinare i colori. Sì, mi riferisco all'intervista rilasciata a Vogue Italia (ti rendi conto?). Un principio che io ho appreso facendo il vetrinista, quando ero ancora minorenne e mi guadagnavo da vivere componendo le vetrine con lo stesso obiettivo che ho perseguito quando poi ho preso a comporre le prime pagine dei giornali che ho diretto: con lo scopo di catturare l'attenzione dei passanti, degli spettatori, dei lettori, chiamali pure come ti pare, il concetto è lo stesso, trattasi di acquirenti. E sai, pure gli elettori sono acquirenti, comprano attraverso il voto un pacchetto di cose da fare stilato dai partiti. Danno la preferenza a chi li convince di più, a chi ha la migliore offerta.

Ma qual è l'offerta del Pd? Più verde, anzi green, meno nero e più neri, più rosa, più rosso, siamo proprio all'armocromia. Ma per davvero.

E in questi giorni, non so se lo sai, qui in Italia si protesta. Per cosa? Per la censura, censura che non esiste. E neppure mi fido di quelle statistiche che vorrebbero il nostro Paese tra quelli meno virtuosi nel mondo nell'ambito della libertà di stampa. Io ho lavorato come giornalista e come direttore e mai mi è accaduto che un editore mi mettesse il bavaglio. Poi è chiaro che un giornalista che lavori per un giornale in qualche modo si adegui ad una linea editoriale che, quantunque non indicata dall'editore, ne incontra il favore. Avviene in ogni parte del globo.

Per quanto riguarda la Rai, dove sta questa censura? Sono le solite polemiche ideate dalla sinistra per gettare fango sugli antagonisti, dipingendoli con le consuete tinte fosche (e qui torna in auge l'armocromia) delle camicie nere.

Insomma, non se ne può più.

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