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Quando la pensione diventa un regaloil commento 2

diLe pensioni sono la principale voce di spesa dello Stato e alcuni casi rappresentano l'antologia di tutto quello che (a parole) si dice essere scandaloso e ingiusto nell'impiego dei nostri soldi. Impossibile parlare di tagli o di «inevitabili» nuove tasse senza affrontare questo nodo. Proviamo ad inquadrare la questione nel modo più oggettivo possibile. L'accusa di Giorgia Meloni alla prassi della «promozione prepensionistica» dei giudici della Corte Costituzionale racchiude il cuore del problema, vale a dire gli effetti distorsivi del sistema retributivo che ha caratterizzato il sistema previdenziale degli attuali pensionati. Un vitalizio del tutto slegato dalla totalità dei contributi versati e dipendente invece in larga parte dalle ultime retribuzioni ricevute è, banalmente, un regalo e si è sempre prestato ad ogni tipo di comportamento manipolativo, del quale il giochino della «presidenza premio» dei giudici costituzionali altro non è che una delle tante varianti. La promozione regalata agli ultimi anni di carriera di dipendenti pubblici e privati aveva spesso ben poco a che vedere con il riconoscimento di un successo professionale e molto a che vedere con un tacito accordo per assicurarsi a turno un ricco vitalizio, sapendo che la pensione sarebbe stata parametrata agli ultimi stipendi ricevuti e pertanto appositamente gonfiati. Lo sfruttamento estremo di un sistema slegato dai contributi si è avuto poi con le famose baby pensioni e soprattutto con i vitalizi concessi ai parlamentari, in molti casi anche solo dopo un giorno di «servizio». Una sorta di enorme catena di Sant'Antonio dove molti dei primi entrati hanno raccolto ben più di quanto hanno seminato e invece chi è arrivato dopo, pagando finora contributi crescenti, rischia di rimanere a bocca asciutta. Finora il problema è sempre stato affrontato in modo sbagliato, praticamente «andandosi a cercare» le bocciature della Corte Costituzionale, ben felice di cassare leggi che andavano a toccare un proprio privilegio: il sistema dei «contributi di solidarietà» è infatti attaccabile nella forma, originando un'evidente disparità di trattamento fra contribuenti. Quello che i politici non vogliono nominare (per evidenti motivi) è invece il differenziale fra i contributi versati e l'assegno ricevuto. L'argomento è tabù perché mira esattamente al cuore del vitalizio e del privilegio, quindi astutamente si svia l'attenzione sulle generiche «pensioni d'oro» facendo l'occhiolino alla certa bocciatura da parte della Consulta, mentre dall'altra parte si bloccano indiscriminatamente le rivalutazioni per tutti in modo da fare cassa. Se si volesse veramente fare sul serio, la strada per la corretta risoluzione del problema alla radice sarebbe semplice: una volta ottenuto il ricalcolo della posizione contributiva di ogni pensionato, alla parte di assegno non coperta da versamenti andrebbe calcolata una tassazione progressiva, in modo da azzerare i superassegni «regalati» e non toccare invece né le pensioni basse né i trattamenti, se pur elevati, di chi si è sudato la pensione con una vita di lavoro e fedeli contribuzioni. Nessun discrimine arbitrario, nessuna «sottrazione di diritti acquisiti» e nessun appiglio per i sacerdoti in ermellino. Una semplice perequazione generazionale che in ogni caso non potrà restituire quanto immeritatamente incassato finora dai privilegiati del retributivo: basti pensare che secondo uno studio della Banca d'Italia la ricchezza media di un quarantenne dal 1987 al 2008 è crollata di 30 punti indice mentre nel periodo lo stesso parametro per un ultrasessantacinquenne è balzato di 35 punti.

Difficile pensare che le pensioni non c'entrino.
@borghi_claudio

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