Politica

Quei silenzi della Chiesa progressista

L'imbarazzo di preti e vescovi più tolleranti: pur di non contraddire, meglio tacere

Città del Vaticano
Città del Vaticano

Impossibile sapere cosa direbbe oggi se fosse vivo a Nichi Vendola il vescovo di Molfetta don Tonino Bello, già presidente di Pax Christi e precursore di quella «teologia della differenza che è molto di più di tolleranza». E, anche, che cosa gli direbbe l'arcivescovo i cui libri egli ha amato uno per uno: il cardinale Carlo Maria Martini. Di certo si sa quale posizione stanno prendendo in queste ore i politici cattolici (e anche i fedeli) a Vendola più vicini, quelli del cattolicesimo democratico che sanno accogliere, loro più di tanti altri, la sua «teologia degli oppressi», insomma il suo essere cattolico e insieme gay senza sensi di colpa. Cosa dicono dopo le sue ultime esternazioni? Nulla. Silenzio glaciale.
Perché se è vero che la Chiesa - tutta la Chiesa, non soltanto quella che i media etichettano come di «sinistra», ma anche quella più conservatrice, ratzingeriana, arroccata sulla dottrina di sempre - non ha mai rifiutato gli omosessuali e anzi li accoglie e li ama come si accoglie e ama qualsiasi credente, difficilmente può tollerare affermazioni che vanno oltre ciò che per statuto - e cioè catechismo cattolico alla mano - si ritiene lecito. Ha detto ieri Vendola durante un forum con il quotidiano Pubblico: «Sarei un buon padre, forse meglio di come ho fatto il politico». E quindi la richiesta politica: «Sì, credo che dobbiamo batterci per riconoscere il diritto delle coppie gay sia ai matrimoni che alle adozioni». E ancora: «La società italiana è matura per i matrimoni e per le adozioni omosessuali».
La Chiesa, anche a sinistra, tace. Parla invece col Giornale Stefano Ceccanti, senatore cattolico del Partito democratico e teologo di spessore, che dice: «Diciamo che i cattolici tollerano Vendola quando fa queste uscite ma non lo appoggiano. Anche se qui il problema non è tanto dei cattolici. Qui il problema è costituzionale. Vendola sa benissimo che in Italia i padri costituenti hanno scritto l'articolo 29 che di fatto non permette che simili posizioni divengano legge. O meglio, egli dovrebbe agire per via costituzionale per farle divenire legge, dovrebbe riformare la Costituzione e mi sembra francamente impresa ardita. C'è fra l'altro una sentenza della Corte costituzionale, la 138 del 2010, che ha invitato il Parlamento a fare una legge per le unioni omosessuali sulla base dell'articolo 2 della Costituzione e non invece sulla base dell'articolo 29, l'articolo appunto dedicato alla famiglia intesa come fondata sul matrimonio e dall'unione di un uomo con una donna. In sostanza, la Corte ha dichiarato che l'articolo 29 non ricomprende il matrimonio omosessuale, quindi il matrimonio omosessuale è anticostituzionale. Credo che per i cattolici che stanno a sinistra, almeno per me è così, il problema della tutela delle coppie omosessuali sia un problema da risolvere. Altra cosa è invece l'equiparazione del matrimonio omosessuale al matrimonio tradizionale. Questo è troppo».
E sembra troppo anche per quei vescovi e preti che spingono perché coppie omosessuali siano almeno tutelate.

Anche per loro un conto è la tutela, altra cosa sono l'adozione e il matrimonio.

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