Politica

Quel conto segreto di Bersani dimenticato dai pm di Bologna

Lo "smacchiatore" nel 2012 dava lezioni di trasparenza. Ma ha un conto segreto aperto 13 anni fa con la sua segretaria a Montecitorio e usato per muovere quasi mezzo milione per il Pd. In Emilia il fascicolo è finito nel cassetto, ora indaga Roma

L'ex segretario del Pd, Pier Luigi Bersani
L'ex segretario del Pd, Pier Luigi Bersani

Ci sono inchieste mediatiche e indagini fatte un po' meno alla luce del sole. Come quella, nata a Bologna e sbarcata a Roma a metà settembre, su un conto corrente dell'agenzia di Montecitorio del Banco di Napoli cointestato all'ex segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, e alla sua segretaria Zoia Veronesi.

L'indagine, la cui esistenza è stata rivelata ieri dal Fatto Quotidiano, è uno stralcio dell'inchiesta bolognese affidata al pm Giuseppe Di Giorgio e nata da un esposto dell'ex deputato Fli Enzo Raisi, che vede la Veronesi indagata per truffa aggravata ai danni della regione Emilia-Romagna. Tra giugno 2008 al 28 marzo 2010 la storica segretaria di Bersani avrebbe percepito lo stipendio dalla Regione (circa 140mila euro a cui vanno aggiunti i rimborsi) come persona di «raccordo tra le istituzioni centrali e con il Parlamento», mentre - di fatto - lavorava esclusivamente per l'esponente del Pd (che infatti a scandalo esploso l'ha assunta direttamente). E indagando sull'ipotesi di truffa, i magistrati bolognesi avrebbero scovato questo conto corrente, aperto 13 anni fa e movimentato da numerosi versamenti, quasi mezzo milione di euro secondo il Fatto.

Versamenti corrispondenti a contributi privati per il partito, dunque sottoposti all'obbligo di registrazione, e a contributi elettorali, per i quali la certificazione è affidata al mandatario elettorale: quello di Bersani, tra 2001 e 2008, è stato Fabio Sbordi. Quest'ultimo al quotidiano diretto da Antonio Padellaro ha dichiarato che i soldi, lui, li ha rendicontati tutti, e li ha versati sul suo conto corrente. Anche per Bersani, intervistato dal Fatto, è «tutto regolare», le somme del conto cointestato a lui e alla segretaria sarebbero le stesse registrate da Sbordi e poi fatte confluire da un conto all'altro.

Accertare la regolarità delle somme sarebbe stato, e sarebbe ancora, piuttosto semplice, con un mero controllo contabile incrociato con i dati in possesso della Camera. Ma non è stato fatto. Ed è proprio la tempistica della vicenda a far sollevare qualche interrogativo.

L'esistenza del conto era certamente già emersa il 26 ottobre dell'anno scorso, quando la Veronesi venne interrogata a Bologna per quattro ore e i magistrati - oltre a Di Giorgio era presente l'aggiunto Valter Giovannini - chiesero alla segretaria di Bersani chiarimenti anche su quel conto di deposito. Il verbale venne secretato perché - spiegò l'avvocato della donna, Paolo Trombetti - c'erano ancora «delle indagini in corso», anche se - come detto - sul deposito cointestato non vennero fatti accertamenti. Il fascicolo è rimasto lì finché, a metà del mese scorso, la procura ha inviato alla Veronesi l'avviso di fine indagini, stralciando contestualmente la vicenda del conto e trasmettendone il fascicolo - che non ha indagati né ipotesi di reato - per competenza ai colleghi di Roma.

Eppure, tornando all'autunno 2012, va ricordato che in quei giorni Bersani era impegnatissimo contro Matteo Renzi per le primarie del Pd, in una battaglia senza esclusione di colpi. Se la notizia dell'indagine fosse emersa allora, avrebbe senza dubbio creato qualche grattacapo all'aspirante «smacchiatore». Proprio a metà ottobre, l'ex segretario aveva attaccato il sindaco di Firenze per la cena di finanziamento organizzata per Renzi da Davide Serra, gestore del fondo Algebris, controllato da una società con base alle isole Cayman. Nelle polemiche incendiarie seguite tra i due su finanza «buona», banche e trasparenza, la storia del conto cointestato con la segretaria indagata sarebbe stata come benzina. Tanto che ieri qualche renziano, letta la notizia, ha rievocato l'episodio.

Arrivando a ipotizzare che, senza i riguardi e la riservatezza concessi all'ex segretario dalla magistratura, l'esito delle primarie - e delle successive elezioni - sarebbe stato diverso.

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