Quella svolta a sinistra che ricompatta gli azzurri

Nuovi equilibri e le manovre nel Pdl

Angelino Alfano alla riunione della nuova corrente "Italia Popolare"
Angelino Alfano alla riunione della nuova corrente "Italia Popolare"

Roma Da possibile federatore dei moderati a stampella della sinistra. I dirigenti del Pdl ascoltano con attenzione la lunga maratona di Mario Monti in tv e si fregano le mani. L'immagine del Professore un tempo super partes ora così apertamente schierato con il Pd e oltretutto impegnato in un duello personale e rusticano con Silvio Berlusconi produce un risultato scontato: ricompatta il partito e dimostra quanto poco percorribile fosse la strada della sua candidatura come leader di un centrodestra allargato. Un divorzio eclatante e pubblico che produce una convinzione: se il centro sottrarrà voti a farne le spese sarà il Pd, non il Pdl.
«La storia si ripete - dice Mariastella Gelmini - e ancora una volta un esponente del liberalismo si appresta a portare soccorso a una sinistra conservatrice e statalista. Di fronte alla sua scelta di campo il centrodestra si ritrova oggi compatto sotto la guida di Berlusconi». L'impressione diffusa dalle parti di Via dell'Umiltà è che strategicamente Monti abbia sbagliato tutto. Tant'è che nel pomeriggio escono allo scoperto con dichiarazioni inequivoche due dei dirigenti che maggiormente avevano lavorato per costruire un ponte verso il Professore come Gaetano Quagliariello e Maurizio Sacconi. Il primo definisce il premier «ingeneroso e inconsapevole». E aggiunge: «Delegittimare un'area nel nome degli “illuminati” ci riporterebbe indietro al consociativismo degli anni '70». Il secondo si dice «amareggiato per la sua scelta di sinistra-centro». Un sentimento che chi ha avuto modo di parlarci coglie anche nei ragionamenti di Renato Schifani, convinto che il Professore sia stato perlomeno «ingeneroso» verso chi lo ha sostenuto in Parlamento a caro prezzo politico per più di un anno.

In realtà l'intenzione di Monti di virare bruscamente a sinistra era stata chiara fin dalla lettura della lunga intervista a Repubblica, rilasciata proprio nel giorno della conferenza stampa di fine anno. A questo punto, per dirla con Angelino Alfano, «ogni collaborazione con Mario Monti è preclusa». E la sfida si sposta sui contenuti e sul pericolo dell'asse «tecnico-rosso», Monti-Pd. «Il nostro primo impegno sarà quello di togliere l'Imu sulla prima casa. Gli italiani sono intelligenti e non c'era bisogno di un sigillo sulla loro intelligenza». Una posizione sposata con convinzione da Andrea Ronchi. «Monti ha dimostrato di voler essere uno strumento dell'orchestra guidata da Bersani. Il centro è un bluff e avrà come unico compito quello di fare da stampella per la sinistra. Il nostro compito è quello di smascherare errori, bugie e trasformismi». Un cerchio della contrapposizione frontale chiuso da Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri che aprono un altro capitolo: quello dell'imparzialità di un governo non eletto nella gestione di una campagna elettorale di cui Monti sarà protagonista. Una questione che potrebbe essere nuovamente sottoposta all'attenzione del capo dello Stato.


Sono i rappresentanti del Popolo della libertà che siedono sui banchi della Camera dei deputati


È in percentuale il consenso che raccoglierebbe il Pdl alle elezioni secondo l'ultimo sondaggio

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