Ciò che sta succedendo a Milano e in Lombardia è paradigmatico della confusione mentale dominante in questa lunga e paradossale campagna elettorale. Si vota per la Regione già formigoniana e per il rinnovo del Parlamento. Ma la mentalità dei protagonisti - i candidati - è vecchia e un osservatore qualunque, non obnubilato da rancori pseudoideologici, fatica a comprendere la logica che ispira le loro mosse.
Un aiutino può tuttavia venire dalla lettura di un articolo comparso ieri sulla Repubblica, firmato dall'immarcescibile Natalia Aspesi, esperta in esegesi della borghesia locale, della quale sa cogliere e riferire fedelmente umori e malumori. Un pezzo imperdibile, il suo, da cui si evince soprattutto una cosa: le sciure meneghine, e presumibilmente i loro coniugi, giudicano la politica e i politici con gli stessi criteri in base ai quali valutano i prodotti esposti nelle vetrine di via Montenapoleone. Non sono né di destra né di sinistra, però hanno i mezzi e la sfrontatezza per farsi largo a gomitate (gentili) nella categoria cui ambiscono ad appartenere: quella chic, dove (...)
(...) per chic si intende la capacità di arrotare la erre, fingere di amare l'arte contemporanea, apprezzare le sfilate di moda più stravaganti, non mancare mai alla presentazione di libri che non superino le 2.000 copie (omaggi compresi), organizzare cene in piedi invitando sempre i soliti ricchi che, per sembrare evoluti, si dichiarano antiberlusconiani.
Insomma, ci siamo capiti: la Milano che vorrebbe essere progressista, che si sforza di apparire tale, ma è conservatrice dei propri privilegi e odia chiunque li minacci; la Milano che ancora chiama i propri figli Dodi, Babi, Cicci, Pupi; la Milano che ai tempi - lontani ma non tanto - della contestazione giovanile e, poi, delle Brigate rosse subiva il fascino dei rivoluzionari di papà e faceva a gara per ospitarli, lassù negli attici, per provare un brivido nel guardarli negli occhi, catturarne la benevolenza e sperare così di non figurare mai nella lista dei bersagli da uccidere. La Milano illuminata dal denaro e dai pensieri alti di chi, per essere à la page, a fine serata, ritirandosi in camera da letto, commentava: «Sai Dodi che questi ragazzi forse hanno ragione?». La Milano che l'indomani correva ad acquistare un eskimo: non si sa mai.
Ecco, questo era ed è l'ambiente (familiare) di Natalia Aspesi. Nessuno meglio di lei sa descriverlo e raccontarne i travagli. Suvvia, come si fa a non essere d'accordo con Ilaria Borletti (pastina glutinata) Buitoni, capolista montiana alla Camera per la Lombardia? Pensate: «Questa signora - annota la cronista di lusso - è stata la prima a rendersi conto che non si può consegnare la Regione a Maroni (Roberto) ovvero alla Lega e al Pdl e a tutto il malaffare, gli scandali, l'ignoranza finanziaria, politica e culturale che l'hanno devastata negli ultimi anni». Quindi si è inventata il voto disgiunto: «La libertà di votare per la sua lista alle politiche, abbandonando però, sul piano locale, l'insignificante Albertini per votare il Centro popolare lombardo di Umberto Ambrosoli: quel tipo di persona perbene, colta, preparata e appassionata che dovrebbe piacere moltissimo a Monti, che purtroppo, ha commesso l'errore tecnico di impantanarsi, non si sa perché, con Albertini».
Nella copiosa saliva di Natalia galleggiano altre perle. Udite: «Momenti video essenziali... come è accaduto sere fa dalla Gruber, quando la signorile distanza, la sapienza del linguaggio e la preparazione politica della montiana signora Borletti Buitoni, rispetto all'iroso e impacciato Salvini, ha chiarito l'inconciliabilità di due mondi».
Certamente, due mondi inconciliabili: quello di chi briga per imbrogliare le carte, ricorrendo al voto disgiunto e simili bizantinismi elettorali, pur di ramazzare improbabili consensi, e quello della gente semplice che ingenuamente, ma onestamente, sceglie di stare o di qua o di là. Due mondi separati: quello sopra le nuvole e quello dove camminano e si guadagnano da vivere milioni di persone che pagano più tasse, conoscono l'umiliazione della disoccupazione e non hanno i soldi per pagare il mutuo, figuriamoci l'Imu.
Il pasticcio Buitoni garba alla Signorina Snob di Repubblica (de gustibus), la quale dimostra di non essere al servizio di alcuno, al contrario di noi, ovviamente. Lei così misurata nelle sentenze e aliena da ogni forma di adesione alla squadra, noi talmente rozzi da non essere né con Monti né con Ambrosoli, l'orfano, non la caramella.
di Vittorio Feltri
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