Roma - «Come sarebbe? Sparano a Palazzo Chigi?». La cerimonia del giuramento è appena finita, il governo Letta è ufficialmente nato e Giorgio Napolitano, «sollevato dopo due mesi in trincea», si prepara all'ultima incombenza, le foto di gruppo. Ecco però che il comandante dei corazzieri gli si accosta all'orecchio e gli racconta quello che sta accadendo ai piedi del Colle, a solo un chilometro di distanza. Lui ha un sussulto: altro che brindare, qui c'è un attacco al cuore del potere. E per un attimo negli occhi gli scorrono le immagini di Kennedy, dell'11 settembre, forse pure dell'attentato del '48 a Togliatti in via della Missione, anche quello proprio accanto alla sede del governo.
Paura, incubo, altre facce che impallidiscono nel Salone delle Feste. Quella di Angelino Alfano, neo ministro dell'Interno, che ha letto tutto sul suo smartphone e che ora cerca di lasciare il Quirinale. E quella di Enrico Letta, che l'ha saputo da Dario Franceschini. Il governo viene informato così, casualmente, a più di un quarto d'ora dalla sparatoria, dopo che per lunghissimi minuti è andata in diretta tv una scena surreale. Da un lato i ministri schierati, composti e sorridenti, tutti presi nella formalità della cerimonia, mentre la sicurezza della presidenza della Repubblica ha gia fatto sgombrare tutta la piazza. Dall'altro il sangue e il panico a Piazza Colonna.
Napolitano intanto ha lasciato la scrivania per andarsi a mettere in posa assieme ai ministri. A metà strada il consigliere politico Giovanni Matteoli si avvicina e gli porge dei foglietti, gli ultimi dispacci di agenzia e un appunto scritto a penna: «Si tratta di un gesto isolato, i due carabinieri feriti non sono gravi». Dunque niente terrorismo. Il capo dello Stato può tirare un sospirone e farsi largo tra Josefa Idem e Cécile Kyenge. Foto, strette di mano, abbracci. Il presidente s'intrattiene con le sette ministre, si nega alla stampa e invita tutti nella Sala degli Specchi dove ci sono le famiglie in attesa. Lì, di fronte al buffet, il governo improvvisa in suo primo gabinetto di guerra. Visto il clima, decide di anticipare l'insediamento a Palazzo Chigi.
Era cominciata come una festa sobria, un'allegra scampagnata. Graziano Delrio che si presenta con sei dei suoi nove figli e viene fermato all'ingresso dagli staffieri del Quirinale. «Scusi, voi dove andate?». «Veramente dovrei giurare, io sono il nuovo ministro agli Affari regionali». Nunzia De Girolamo, in abito blu e tacchi spericolati, che arriva con la sua auto seguita in taxi da suo marito, il deputato del Pd Francesco Boccia che dice: «Sono qui per Nunzia e per Enrico». Massimo Bray che guida una Panda rossa. Rosanna Cancellieri che ha portato le nipoti. Josefa Idem con i bambini biondi. Cécile Kyange con un completo in shantung di seta. Emma Bonino con una giacca rosso fuoco con collo alla coreana. Clio Napolitano che accoglie gli ospiti.
E i turisti con le macchine fotografiche. La domenica infatti il palazzo è aperto e c'è molta gente in fila nel cortile d'onore: si può visitare il piano nobile, anche le stanze accanto al Salone delle Feste, dove il giuramento inizia con puntualità. Va tutto liscio e rapido, con poche emozioni. L'unica la dà il microfono acceso, che al momento di introdurre il ministro dell'Integrazione Kienge tradisce il segretario generale Donato Matta. «Ma questa come si legge?». Poi gli spari cambiano il tono della giornata.
Alla fine infatti tutti via di corsa per varare le prime misure sulla sicurezza. Alfano e Mauro corrono al Policlinico dai due feriti. La Cancellieri abbozza la prima analisi a caldo. «No, non credo proprio che ci sia una regia dietro.
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