Di episodi del genere, tutti detestabili, di bullismo tra giovanissimi, a Parma se ne sono registrati diversi. La novità, questa volta, è che c'è una taglia sui cinque balordi che sabato pomeriggio hanno pestato per nulla un quindicenne in una delle strade più frequentate della città.
Trecento euro sono a disposizione di chi fornirà informazioni utili alla famiglia della vittima per risalire all'identità dei teppisti. Il denaro è stato messo a disposizione dal Movimento Nuovi Consumatori affinché questa vicenda non finisca come le altre senza arrivare ai colpevoli.
Il ragazzino è stato picchiato selvaggiamente soltanto perché, a detta dei bulli, avrebbe salutato la ragazza di uno dei componenti del «branco». Il quale ha deciso di farsi giustizia chiamando a raccolta i suoi amici per dare una lezione al coetaneo, che all'appuntamento fissato per chiarire dopo un messaggino in cui gli si chiedeva il perché di quel saluto c'era andato ingenuamente da solo, convinto che la questione si sarebbe risolta a parole. Alla fermata dell'autobus, invece, tra via Gramsci e viale Osacca, sabato verso le 16, il quindicenne è stato circondato e aggredito. I calci e i pugni non si sarebbero fermati neanche mentre era a terra svenuto. Trasportato in ospedale, con vari traumi in testa, sul viso e sulla schiena, il malcapitato è stato ricoverato con una prognosi di trenta giorni. «Il ragazzo supplicava ti giuro che non ho fatto nulla - ha raccontato un testimone - ma continuavano a picchiarlo e nessuno faceva niente».
La denuncia è scattata d'ufficio e la polizia ha già raccolto diverse testimonianze. Non abbastanza, per ora, per individuare i bulli. Il papà della vittima ha fatto appello alle persone che hanno assistito al pestaggio affinché raccontino quanto hanno visto alle forze dell'ordine. L'associazione dei consumatori, invece, ha messo una taglia di 300 euro sperando così che si faccia avanti qualcuno in grado di fornire informazioni utili ad identificare i teppisti. «Teppisti - per il Movimento Nuovi Consumatori - che dovranno subire un doveroso e giusto processo avanti all'autorità giudiziaria».
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