Roma - Niente grazia. Non posso fare miracoli, spiega Giorgio Napolitano ai plenipotenziari del Pdl, ne ho già fatto uno varando le larghe intese e io non ho la bacchetta magica. Però il capo dello Stato una cosa la può fare, «verificare» se sarà possibile far conservare al Cavaliere la sua «agibilità politica». Infatti, come spiega ai due Renati saliti sul Colle a chiedere lumi e fare proposte, lui si darà da fare, consulterà esperti e giuristi, «esaminerà con attenzione tutti gli aspetti delle questioni che gli sono state prospettate». Prudenza, scetticismi e molti silenzi, però il negoziato del Quirinale è partito.
I due capigruppo del Popolo della libertà arrivano a mezzogiorno per il «vertice del disgelo». I toni alti di venerdì sono un lontano ricordo. Schifani è istituzionale come sempre, Brunetta moderato come mai visto prima. Addirittura, si presenta dopo aver fatto sua sul Giornale l'idea di Napolitano di avviare subito una riforma della giustizia. «Per ripristinare l'equilibrio, il Parlamento deve dar seguito alle proposte dei saggi incaricati dal capo dello Stato. Sono un ottimo punto di partenza per la necessaria pacificazione».
L'incontro, definito «cordiale e costruttivo», dura un'ora e un quarto. Un comunicato del Quirinale informa che Schifani e Brunetta «hanno illustrato al presidente della Repubblica le loro valutazioni circa le esigenze da soddisfare per un ulteriore consolidamento dell'evoluzione positiva del quadro politico in Italia e uno sviluppo della stabilità politica utile all'azione di governo». E Re Giorgio non chiude la porta. Anzi, «esaminerà» tutte le opzioni sul tavolo.
Intanto Napolitano può trarre un primo bilancio. Dopo cinque giorni sul burrone, ora il governo è al riparo. Letta, al termine di una faccia a faccia con Epifani, è partito per Bolzano convinto di aver ammorbidito lo stato maggiore del Pd. E il Pdl al momento sembra aver scelto una linea dialogante. Niente crisi a Ferragosto, l'emergenza da rossa è diventata arancione se non gialla.
Salvato il soldato Enrico, resta prigioniero il soldato Silvio. Però, insomma, nell'ottica del Colle Berlusconi può sperare perché forse c'è qualche «margine», c'è una possibilità di riaprire la partita. Non sarà facile e non sarà una cosa breve. Ma c'è del tempo a disposizione per inventarsi qualcosa, perché la condanna del Cavaliere in Cassazione non provocherà effetti pratici prima di ottobre.
Esclusi provvedimenti di clemenza, improbabili commutazioni di pena, l'unica strada che il presidente vede, e consiglia, per l'agibilità politica del primo partito italiano è la cosiddetta «via parlamentare». Si tratta insomma di costruire un percorso da inquadrare nella cornice di una vista riforma della giustizia e che, al di là della condanna e della pena, riesca a restituire al leader del centrodestra, tre volte presidente del Consiglio, la sua posizione sulla scena italiana.
Rimane, e non poco, da trovare la soluzione tecnico-giuridica: giuristi e costituzionalisti avranno il loro fa fare. E rimane, ancora più pensate, il problema politico. La «via parlamentare» prevede infatti di coinvolgere il Pd, che al momento non ha alcuna voglia di collaborare con il Pdl a riformare la giustizia. Senza parlare dei grillini, di Vendola, dell'Anm che già ha attaccato Napolitano. Bisognerà quindi aspettare che maturino le condizioni.
A giocare a favore è la crisi economica e la persistente debolezza strutturale del Paese. Se è vero che nel 2014 ci sarà una timida ripresa, chi avrà la forza di ributtare l'Italia nel caos? Il presidente, dicono al Quirinale, «guarda ai fatti». E i fatti ci dicono che la prossima sarà una settimana cruciale.
Parlamento e governo dovranno affrontare fino a giovedì, data dell'ultimo Consiglio dei ministri prima della pausa estiva, delicati provvedimenti: dal decreto del fare, all'Ilva, dallo svuotacarceri al lavoro. Chi a voglia di staccare la spina?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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