S ei mesi, forse un po' di più, poi Re Giorgio II lascerà il Quirinale. A un anno esatto della sua rielezione, a sessanta giorni dalle europee, è lui stesso a spiegare come «si stiano per realizzare le condizioni per un distacco costruttivo dalla mie responsabilità». Il governo sembra saldo, le riforme sono incardinate, «il processo di cambiamento si è messo in moto», e anzi, con Matteo Renzi si è «decisamente accelerato». Napolitano può quindi pensare a lasciare. Se non saranno terremoti politici, abdicherà dopo il semestre italiano di presidenza europea, a febbraio o marzo del 2015, ma la grande corsa al Colle è già partita e un uomo e già in fuga: Walter Veltroni.
Ex segretario del Pd, ex vicepremier, ex ministro dei Beni culturali, ex direttore dell'Unità. Veltroni pareva destinato al ruolo di perenne ex, invece nelle ultime settimane la sua candidatura ha cominciato a lievitare. È in ottimi rapporti con Renzi, può dialogare con i grillini e, tra i democratici storici, è quello meno sgradito a Silvio Berlusconi. Nel Pd, il trasversale Walter è visto come un ponte tra i vecchi e i nuovi. E a suo favore gioca la debolezza degli altri contendenti.
Sul campo infatti ci sono i soliti nomi. L'eterno Giuliano Amato, oggi giudice costituzionale, sarebbe perfetto per garantire il proseguimento della stagione delle riforme. Ma il Dottor Sottile ha il serio limite di piacere al Cavaliere e non al Pd. Romano Prodi invece è assolutamente indigeribile per Forza Italia. E anche a sinistra ci sono molti dubbi, basti pensare a come in 101 l'hanno pugnalato l'anno scorso. Tramontato Massimo D'Alema, improbabile Piero Fassino. Chi altri? Ci sarebbe Mario Draghi, ma chi glielo fa fare di lasciare Francoforte per un Quirinale probabilmente meno forte dell'attuale?
Scenari futuri: il rally del Colle è durissimo e ha sempre riservato sorprese all'ultimo momento. I riflettori degli scommettitori intanto, più che sul nome del nuovo, sono puntati sulla data dell'abbandono del presidente in carica. Dalla rielezione di Napolitano è passato appena un anno, ma sembra un secolo se si considerano i cambiamenti del quadro politico. Dall'aprile del 2013 tre premier si sono dati il cambio a Palazzo Chigi. Il bis di King George era strettamente legato alle riforme e alle larghe intese. E se le riforme sono ancora attuali, lo schema adesso è quello della doppia maggioranza.
La cosa non sembra dispiacere al capo dello Stato, che in una lettera al direttore del Corriere della Sera traccia un consuntivo del suo primo tempo supplementare. «Mi sono esposto personalmente e ho pagato un prezzo alla faziosità ma il bilancio è positivo». Napolitano aspetta buone notizie a breve. «Nodi assai importanti dovranno sciogliersi nelle prossime settimane e nei mesi seguenti, innestandosi nel chiarificatore esercizio del semestre italiano di presidenza europea. Confido che quei nodi si scioglieranno positivamente, col contributo essenziale di un governo nella pienezza della sua responsabilità politica e con l'apporto di un arco di forze politiche decisamente oltre i confini dell'attuale maggioranza in materia di legislazione elettorale e di revisioni costituzionali». Lunga vita alle geometrie variabili.
C'è «ancora resistenza», si lamenta il presidente, alla necessità di collaborare per riscrivere insieme le regole.
Però secondo lui la strada è in discesa: «Stanno per realizzarsi condizioni di maggior sicurezza nel cambiamento per il nostro sistema politico-costituzionale che mi consentano di prevedere un distacco comprensibile e costruttivo». E del resto, conclude, il suo secondo giro sul Colle ha «chiari limiti di necessità istituzionale e di sostenibilità personale». La carta d'identità, lo ha detto a Natale, non mente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.