Pressing Ue su Letta, Saccomanni verso l'addio

Rehn critica Palazzo Chigi sul debito. A rischio sostituzione Cancellieri, Bonino e Zanonato

Il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni
Il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni

Roma - La Commissione europea non molla la presa sull'Italia, fors'anche perché infastidita dall'alzata di scudi del capo dello Stato e del presidente del Consiglio contro Olli Rehn. Così, il portavoce del commissario agli Affari economici spiega che all'appello dei conti pubblici italiani manca lo 0,4% del Pil per la riduzione del debito. E di questo 0,4% non c'è traccia nella legge di Stabilità.
Con un particolare, però. Rehn fa anche dire che quello 0,4% che manca all'appello della riduzione del debito dovrebbe arrivare nel 2014 dalla spending review. Gli eventuali risparmi della revisione della spesa - secondo i sistemi di contabilizzazione europei - dovrebbero andare a riduzione del deficit, non del debito. Il governo si è impegnato a ridurre il debito dello 0,4%, ma non con la spending review bensì con le privatizzazioni. Ma anche queste non sono contabilizzate nella legge di Stabilità; come, peraltro, non sono contabilizzati i risparmi della spending review. Il Parlamento vorrebbe utilizzare queste risorse per ridurre il prelievo fiscale, mentre Saccomanni li vorrebbe accantonare per ridurre il deficit.
Il confronto «in punta di tecnicismo» tra Commissione Ue e governo nasconde la portata della minaccia politica avanzata da Rehn nei giorni scorsi: a febbraio la Ue farà una verifica dei conti italiani 2014. Ed il 1° marzo arriva l'esame ufficiale di Eurostat su quelli del 2013. E visto il clima, è assai probabile che i responsi non saranno positivi.
Per evitare che ciò accada, aumentano le pressioni europee e non solo (Renzi su tutti) affinché il governo Letta cambi passo soprattutto nel campo della politica economica. Da qui, le voci che vedono Saccomanni in uscita da via XX Settembre. Magari a gennaio, dopo il varo della legge di Stabilità ed in tempo per evitare un responso negativo della Ue.
Ma, soprattutto, dopo il congresso del Pd. Se Renzi dovesse tenere fede alle prese di posizione di questi giorni, l'Italia dovrebbe assumere un atteggiamento europeo analogo a quello francese e spagnolo (che sono ampiamente oltre il tetto del deficit del 3%). E addirittura avviare un negoziato per modificare questo tetto che, secondo Renzi, è «anacronistico: il Trattato di Maastricht è vecchio di vent'anni; adeguato ad un sistema economico che non c'è più».
Saccomanni non è un «uomo per tutte le stagioni»; quindi, non potrebbe essere lui a negoziare con Bruxelles nella direzione chiesta da Renzi. Per il momento, il ministro dell'Economia continua a privilegiare la parte internazionale a quella nazionale: oggi sarà a Berlino e lunedì all'Ecofin ed Eurogruppo per continuare il confronto «in punta di tecnicismi» sui decimali di deficit e debito.
Ma se Enrico Letta dovesse soddisfare le richieste per un cambio della guardia all'Economia, Saccomanni non sarebbe il solo a cambiare mestiere. A Palazzo Chigi sarebbero abbastanza delusi dell'incisività mostrata finora da Emma Bonino al ministero degli Esteri. Come di quella manifestata da Flavio Zanonato allo Sviluppo economico.
Renzi (e non solo lui) non ha mai fatto mistero che avrebbe gradito le dimissioni di Annamaria Cancellieri da ministro della Giustizia.

E, nonostante le smentite, anche Angelino Alfano potrebbe entrare nel turbillon delle sostituzioni; in virtù - questa volta - della rappresentanza parlamentare di Ncd. Ai tempi del pentapartito, il Pli ed il Pri si definivano «aghi della bilancia». Oggi Ncd e Scelta civica preferiscono fare riferimento al concetto economico dell'utilità marginale.

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