Roma - «Un mese fa sembrava che avessi la peste. Ora invece sono tutti per fare le riforme». Matteo Renzi non risparmia l'ironia, nel commentare l'improvviso testa-coda con cui il Movimento cinque stelle sta cercando di cambiare linea in corsa e infilarsi nel dibattito sulla legge elettorale.
Ma naturalmente il premier, reduce da un incontro con il capo dello Stato durante il quale Napolitano si è augurato «il più largo coinvolgimento possibile sulle riforme», si dice disponibile al confronto anche con gli ultimi arrivati, sottolineando però che chi sperasse di tirarla in lungo con la scusa di ridiscutere tutto non troverà spazio: «Ora tutti attorno a un tavolo, anzi meglio via mail che si fa prima, e cerchiamo di essere operativi. Questa è la settimana in cui le cose si decidono», scandisce.
Renzi avverte il rischio che la mossa di Grillo sia mirata ad allungare i tempi, e a mettere una zeppa prima che l'intesa con Silvio Berlusconi su Senato e Italicum arrivi alla stretta finale. E neppure al Quirinale si tende a dare eccessivo credito alla buona fede delle aperture grilline: da verificare, certo, mostrando disponibilità al dialogo, ma con molta cautela visto il rischio che sia solo un tentativo strumentale di far saltare gli accordi già intessuti. «Del resto», ragiona un renziano di governo, «per come hanno cucinato la loro proposta per noi è facile rispondere che vogliono solo un ritorno alla Prima repubblica proporzionalista».
Ieri Grillo ha spedito i più fidi tra i suoi parlamentari ad illustrare in conferenza stampa la loro proposta di legge elettorale, battezzata niente meno che «Democratellum», anche se in realtà si tratta semplicemente di un proporzionale puro, analogo a quello già sfornato dalla Corte costituzionale, con qualche fantasiosa aggiunta di contorno, tipo la «preferenza negativa» per «penalizzare i candidati sgraditi».
«Volevamo aprire una crisi di governo - ha spiegato Luigi Di Maio - Non è stato possibile. Ora si prospetta una vita molto più lunga per questa legislatura e non vogliamo rimanere nel limbo. Per questo adesso ci assumiamo la responsabilità di portare a casa una nuova legge elettorale. La nostra non è un'apertura di credito al governo ma di merito». La conferenza stampa è stata preceduta da un post di Grillo, con tanto di richiesta ufficiale di incontro con Renzi e annuncio che «facciamo sul serio».
Al premier e ai suoi è chiaro che il tentativo principale del comico è quello di uscire dall'angolo in cui si era cacciato, di rifarsi una verginità dopo il pasticcio con Farage e - soprattutto - di tenere uniti i suoi sempre più scalpitanti parlamentari, tra i quali molti iniziano a criticare apertamente la linea suicida del Capo. Ma è anche chiaro che l'offerta messa sul tavolo da Grillo può scombinare le carte nella maggioranza e nello stesso Pd sulla legge elettorale. Il forte impianto maggioritario dell'Italicum, con le sue alte soglie e con il premio di maggioranza che spinge a coalizzarsi, continua ad essere indigesto a Ncd, Udc, Sel e alla minoranza bersaniana del Pd, che potrebbero usare la proposta grillina per chiedere ulteriori ammorbidimenti dell'Italicum, su soglie e preferenze. Ora, come ha più volte sottolineato il premier in queste ore, c'è da chiudere la partita sulla riforma del Senato. Ieri il presidente del gruppo Pd Zanda, dopo un incontro con i 14 dissenti, ha confermato la rimozione di Corradino Mineo dalla commissione che dovrebbe iniziare a votare gli emendamenti al testo del governo.
Ma si è deciso di prendere ulteriore tempo e di agevolare un rientro «soft» del dissenso: per questo è stata rinviata l'assemblea plenaria del gruppo Pd, che avrebbe dovuto dare il definitivo via libera al testo, e ci sarà invece un nuovo incontro con i malpancisti, che chiedono l'onore delle armi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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