"Non so se ci sarà il lieto fine, ma questo è un buon inizio. Basta con i rinvii". Il Consiglio dei ministri vara la riforma del Senato e Matteo Renzi prova porre la parola fine a un dibattito lungo trent'anni, pur sapendo che il dibattito a Palazzo Madama rischia di essere una valle di lacrime per il governo. Almeno per il momento, infatti, il premier finge di non vedere i mal di pancia di molti democratici che potrebbero fargli mancare la maggioranza proprio al Senato. Così, si rifiuta di marchiare i possibili franchi tiratori e detta un timing serrato per portare a casa le riforme prima delle elezioni europee.
Alla fine rientra anche il ministro di Scelta civica, Stefania Giannini. E il governo vara all'unanimità il ddl costituzionale che riforma il Senato e il Titolo V e abolisce il Cnel. È solo il primo passo, quello più scontato, prima di passare per le Camere. Renzi la ritiene comunque "una grandissima svolta per la politica e per le istituzioni". Il pezzo forte del Def, che dovrebbe arrivare la prossima settimana, è proprio il piano delle riforme perché, come fa notare il premier in conferenza stampa, "è la cosa che aspettano di più i nostri investitori". Cancellando il Senato viene superato, una volta per tutte, il bicameralismo perfetto: una volta approvato il disegno di legge Palazzo Madama non voterà più né la fiducia al governo né il bilancio, ma potrà chiedere alla Camera di modificare le leggi approvate. Il futuro Senato si chiamerà "Senato delle autonomie" e sarà composto da 148 persone (21 nominati dal Quirinale e 127 rappresentanti dei consigli regionali e dei sindaci) che non saranno eletti dai cittadini e, soprattutto, non riceveranno le indennità. Nel ddl rientra, poi, la riforma del Titolo V della Costituzione. "Non ci saranno mai più conflitti tra Regioni e Stato - assicura Renzi - avremo un Paese più semplice, in cui chi ha a che fare con la pubblica amministrazione deve sapere chi è responsabile". Infine l'abolizione del Cnel, l’antipasto della semplificazione che arriverà con il piano di spending review.
Dal testo del governo si inizia a discutere. Un dibattito che sembra non spaventare il capo del governo: "I nomi e i cognomi di chi vuole cambiare il cambiamento li dirò alla fine della votazione, ma saranno una minoranza al Senato e nel Paese". Tanto che, entro le Europee, punta a incassare una prima lettura del ddl. È, infatti, convinto non solo di avere dalla sua il favore di Silvio Berlusconi, ma di poter contare sul voto dei propri senatori. "Il Pd non mi preoccupa". E avverte: "Se qualcuno vorrà assumersi la responsabilità di far fallire questo percorso, lo farà". In questo caso, però, Renzi si dice pronto a far saltare il banco e mandare a casa tutti, compreso chi frena le riforme. Ma le elezioni anticipate sono un'eventualità che non intende prendere in considerazione.
Così, guarda oltre e promette, entro la settimana di Pasqua, il decreto per far avere 80 euro in più nelle buste paga sotto i 1.500 euro. Entro la fine di aprile, poi, il governo affronterà il pacchetto di misure su fisco e pubblica amministrazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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