«Berlusconi e Grillo? Sono facce della stessa medaglia». Matteo Renzi, agli ultimi tornanti prima del voto di domenica, cerca di mettere più distanza possibile tra sé stesso e gli altri protagonisti di una campagna elettorale fatta di «offese e insulti», e di trasmettere l'immagine del leader costruttivo che lavora per il paese mentre gli altri si azzuffano: «C'è rabbia - dice - ma urlare non basta; dopo un urlo si sta bene per cinque minuti ma dal sesto la vita torna come prima. Io invece voglio cambiare il paese, e noi questo paese lo cambieremo perché l'Italia merita più di un vaffa».
Il fatto è che il premier e i suoi si sono resi conto di essere negli ultimi giorni caduti nella trappola grillina: passare il tempo a polemizzare con l'ex comico e a rispondere alle sue provocazioni fa solo il gioco dei Cinque Stelle, che riescono a mettersi al centro della scena e hanno solo da guadagnarne. La correzione di rotta dunque si imponeva. Meglio usare l'arma dell'ironia, e soprattutto appaiare gli avversari: «Grillo e Berlusconi in campagna elettorale sono due straordinari professionisti della comunicazione, ma detto alla fiorentina quando ho letto la frase sulla lupara bianca a Grillo avrei voluto dire: ripigliati, qui c'è da governare il Paese». E, naturalmente, mettere al riparo l'esecutivo: «Il risultato delle Europee non influirà sul governo, influirà sull'Italia». Di certo «non mi dimetterò se il Pd scenderà sotto il 30%».
Quanto alla «legittimazione» popolare del governo, non sono le Europee a sancirla: «Purtroppo o per fortuna, anche se il Pd arrivasse primo, ipotesi alla quale credo, non cambierebbe niente, neanche in positivo, per me». Ergo: «Da lunedì non cambia niente per il governo italiano, rimane pari pari quello di ora. Invece cambia l'Europa, per questo dico ai cittadini: aiutateci a cambiare l'Europa».
Renzi chiuderà stasera a Roma, in piazza del Popolo, la campagna elettorale nazionale. Ma l'ultima serata, quella di venerdì, la dedicherà alla sua Firenze, per tirare la volata al suo probabile successore Dario Nardella, candidato sindaco. E le preoccupazioni, nel Pd, riguardano anche le elezioni amministrative, quelle dove si è sempre vinto facile.
A Sud, dove in carenza di pubblici denari il voto clientelare si trasforma prontamente in voto di protesta, i Cinque stelle impazzano nei sondaggi. Ma anche nella rossa Emilia si sentono scricchiolii allarmanti, e gli amministratori Pd di importanti città temono di essere costretti al ballottaggio. E anche nella Capitale, dove non si vota per il Comune, si rincorrono voci su mirabolanti sondaggi che vedono gli adepti dell'ex comico in testa.
Comunque vada veramente nelle urne, le ripercussioni politiche ci saranno eccome.
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