Renzi ora fa il camaleonte: «Sto con Letta», poi lo critica

Il sindaco di Firenze invoca pure l'azzeramento dell'establishment finanziario. E sulla riforma elettorale avverte: "Niente pasticci o i nostri voteranno contro"

Il sindaco di Firenze Matteo Renzi
Il sindaco di Firenze Matteo Renzi

Sulla legge di Stabilità, che sta facendo soffrire il governo e fioccare le dimissioni, non si pronuncia e delega al segretario del Pd Epifani (già è assai critico di suo) il verdetto. Ma un deciso colpo contro l'interventismo economico del governo e le sue «operazioni sbagliate» Matteo Renzi lo assesta: «È assurdo che per salvare un'azienda come Ansaldo Energia si metta mano alla Cassa depositi e prestiti, cioè ai soldi della vecchietta o dell'immigrato».
Con l'intervista di ieri al Corriere della Sera il sindaco di Firenze mette alcuni punti fermi in vista dell'appuntamento, il prossimo fine settimana, con la nuova Leopolda, tappa clou della campagna renziana. Un appuntamento che avrà anche un altro risvolto politico di non poco conto: un pubblico incontro con Giorgio Napolitano, dopo lo scontro sull'amnistia. Il presidente della Repubblica mercoledì sarà all'apertura del congresso Anci a Firenze, e sarà l'occasione per una stretta di mano tra i due. Strappo ricucito, sperano i tanti che (a cominciare dal ministro Del Rio, ambasciatore renziano sul Colle) lavorano a migliori relazioni diplomatiche tra i due.
Il sindaco comunque non ritratta lo strappo con cui ha rotto un tabù che da più di un settennato teneva i leader democratici e i suoi leader in soggezione: «Profondo rispetto per il presidente», ma niente «diktat, per cui bisogna far così e basta», dice. Un altro avvertimento chiaro al suo partito, Renzi lo manda sulla legge elettorale: «Se si pensa di poter ulteriormente bloccare il Paese con giochini da Prima repubblica, sia chiaro che ci sarà il dissenso mio e della maggioranza dei senatori Pd». Niente pasticciate correzioni del Porcellum per blindare le larghe intese: alla legge elettorale si metterà mano quando il segretario sarà lui, se ci si proverà prima con «accordicchi» col Pdl, sarà guerriglia, visto che la maggioranza dei gruppi Pd è con Renzi.
Intanto Renzi ribadisce la sua «rivoluzione capillare» che investe anche «l'establishment economico e finanziario», e viene redarguito da Massimo D'Alema: «Chi annuncia in anticipo le rivoluzioni, poi non le fa». Non cambia idea, l'ex premier: le ricette economiche di Renzi sono «un po' troppo semplificate», e comunque lui «è proprio inadatto a fare il segretario, e penso abbia sbagliato a candidarsi».
Sulla legge di Stabilità, il sindaco resta alla finestra: «Chi pensa che faccia il controcanto al governo si sbaglia, a Letta do volentieri una mano». Sa che il governo ha già abbastanza guai da solo, tanto che ieri è dovuto intervenire nuovamente a puntellarlo Napolitano.


Le dimissioni del viceministro Stefano Fassina (cui danno ragione sia Epifani che lo sfidante di Renzi, Gianni Cuperlo) sono probabilmente destinate a rientrare, ma questo significa che Letta dovrà rimettere mano alla legge, e trattare con una Cgil molto dura («Manovra da governicchio», dice la Camusso), che minaccia uno sciopero generale unitario che «il Pd non potrebbe mai reggere, quindi qualche revisione a sinistra della manovra Letta deve farla», come ammette un ministro. D'altro canto, ha spiegato Epifani ai suoi, «è stata la Camusso, non noi, a spingere Fassina a dare un segnale a Letta».

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