Gelata sulla crescita. Gelata sulla Borsa. Gelata su Renzi. Istat ed Eurostat annunciano che nel primo trimestre di quest'anno il pil è tornato a diminuire dello 0,1%, a fronte del miraggio dei tre mesi precedenti (+0,1%). Piazza Affari cede il 3,6% (e brucia virtualmente 18 miliardi) e lo spread aumenta del 20%, chiudendo a 180 dai 154 dell'altro giorno.
Rispetto allo stesso periodo del 2013 la dinamica del pil è negativa dello 0,5%. Mentre - al momento - l'andamento acquisito su base annua segnala un arretramento della crescita dello 0,2%. Ben lontani dall'ipotesi di un pil in salita dello 0,8% - come previsto dal governo Renzi - e lontanissimo dall'1,1% ipotizzato da quello Letta. Renato Brunetta stima che per centrare gli impegni indicati dal Def il pil dovrebbe crescere «nei prossimi trimestri ad una velocità media dell'1,2% rispetto ai trimestri precedenti. Obbiettivo talmente ambizioso da risultare improbabile».
La conferma viene dai consumi di petrolio in aprile: diminuiti del 3,3% rispetto al livello registrato nel 2013. Vale a dire, che anche il secondo trimestre di quest'anno è probabile che la crescita rimanga piatta od arretri ancora. A forza di fare passi indietro, in termini assoluti il pil nazionale è tornato ai livelli del Duemila. Ma all'epoca la tendenza era verso la crescita; oggi, verso la diminuzione.
Il governo commenta in ordine sparso il dato statistico. Palazzo Chigi, attraverso Graziano Delrio, osserva che il dato sul pil «non è affatto sorprendente». Il governo «sapeva e sa che la crisi non è finita». Per il sottosegretario Morando è «una cazzata» attribuire le cause al governo Renzi. «Teniamo alta la guardia - twitta Piercarlo Padoan - testa alla crescita, occhi sui conti, cuore all'occupazione». Il ministero dell'Economia garantisce che il taglio dell'Irpef rilancerà consumi e ripresa; anche se gli «80 euro» non possono essere considerati un intervento sull'Irpef. Ed a proposito di rilancio dei consumi, al ministero esistono elaborazioni econometriche che indicano come gli «80 euro» avranno un impatto minimo sulla crescita, in quanto la loro copertura (sebbene non convenzionale) presuppone tagli ai consumi pubblici intermedi per oltre 6 miliardi. Insomma, da un punto di vista macroeconomico, gli «80 euro» non avranno impatto sul pil.
Mentre lo avranno sui conti pubblici. Il dato Istat sul pil (soprattutto il dato acquisito su base annua) costringe il governo a rivedere le previsioni sul deficit. Il governo si era impegnato a segnare nel 2014 un disavanzo al 2,6% a fronte di una crescita dello 0,8% del pil. Se quest'ultimo segnerà quest'anno un'ulteriore flessione dello 0,2% (come dice l'Istat) vuol dire che il deficit peggiorerà di mezzo punto percentuale. In altre parole, l'Italia rischia di registrare quest'anno un deficit sopra il 3%; con conseguente slittamento del pareggio di bilancio, al momento fissato nel 2016. Vale la pena di ricordare che nel 2011 all'Italia venne chiesto dalla Bce di anticipare al 2013 il pareggio di bilancio (programmato dal governo per il 2014). Quel che avvenne in quell'estate e nel vertice di Cannes è storia.
Curiosamente (ma non troppo) l'unico paese di Eurolandia a correre nel primo trimestre è la Germania, il cui pil cresce dello 0,8%; mentre crolla in Olanda (-1,4%) e benché negativa (-1,1%) in Grecia la frenata è inferiore alle attese. La Commissione Ue, in piena campagna elettorale per il Parlamento di Strasburgo, nonostante la crescita rallenti ovunque in Europa (tranne in Germania) tende a ridimensionare i dati sul pil. «La ripresa sarà graduale».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.