Renzi tiene sulla corda D'Alema per la poltrona Ue

RomaSe Renzi aveva regalato la maglietta di Gomez alla Cancelliera tedesca, ieri D'Alema ha regalato al premier quella di Totti. Un omaggio «scherzoso», dicono i suoi, ma che freudianamente potrebbe avere interessanti interpretazioni: come il Renzi-Merkel, anche il D'Alema-Renzi è in un certo senso un rapporto tra entità sovrane. E infatti ieri, al Tempio di Adriano dove si presentava il suo libro Non solo euro, l'ex premier ds aveva radunato tutta la crème del dalemismo trasversale degli ultimi 30 anni di fronte al premier, star dell'evento: da Reichlin a Vacca alla Dassù, dall'ex segretario generale del Quirinale Gifuni al presidente di Acea Cremonesi all'ad di Sky Zappia. Poi i politici, compresi Franco Marini e, in prima fila, Walter Veltroni.
Tutti ad assistere al primo confronto pubblico tra i due, che trova il suo clou nella domanda finale del moderatore a Renzi, il direttore del Tg1 Mario Orfeo: «Ma dunque lei candiderà D'Alema?». Risposta del premier: «Dobbiamo mandare in Europa le persone più forti che abbiamo, ai livelli istituzionali. In ogni caso è sbagliata l'idea che la scrittura di un libro garantisca la candidatura». Se è un via libera alla promozione di D'Alema alla commissione Ue, suona un po' a doppio taglio. «D'Alema stai sereno», sussurra ironico un esponente Pd in platea. Anche perché lo scambio tra i due è stato tutt'altro che tenero. Se D'Alema ha lodato - modo suo - l'agenda riformista di Renzi («Sono molto d'accordo, è un programma coraggioso e - voglio dirlo - realistico»), rivendicando però i meriti dei governi del «suo» centrosinistra («C'è un'Italia che ha abbassato il debito, si è presa le sue responsabilità nei Balcani, ha ottenuto la presidenza della Commissione Ue»), il premier non ha fatto sconti. Anzi: «L'Italia allora fece benissimo su quei fronti. Ma se ha avuto più problemi, è perché sono mancate le riforme. Ricordo un discorso molto forte di D'Alema sulla riforma del lavoro, ma poi, mentre Blair e Schroeder la facevano, qui è mancata». E lo stesso sul fronte istituzionale, cui «la Merkel era più interessata che ai temi economici». Insomma, conclude Renzi (infilando persino qualche ironico «diciamo» nel suo discorso), «la classe dirigente della sinistra su questo ha fallito», nell'ultimo ventennio. E l'Italia «ha dato l'idea di essere un Paese irriformabile». Ora «ci giochiamo la faccia alle Europee sulla capacità di superare i tabù di questi ultimi decenni: questa è l'ultima occasione per chiudere il ventennio».

Al Pd, Renzi fa anche capire che non ha intenzione di farsi mettere i bastoni tra le ruote da chi usa «quote rosa» o altri espedienti per bloccare Italicum e riforma del Senato e mandare all'aria l'accordo con Berlusconi. Che è «un valore, e non ho bisogno di dirlo qui: D'Alema in passato ne è stato il più convinto sostenitore».

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