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"Repubblica" contro il Cav. L'ira della figlia Marina

La presidente Fininvest: "Calunnie senza fondamento, è uno sciacallaggio politico"

"Repubblica" contro il Cav. L'ira della figlia Marina

«Calunnie senza fondamento» utilizzate per «operazioni di puro sciacallaggio politico». Marina Berlusconi non usa giri di parole per replicare all'ultima puntata delle «rivelazioni» sul lato oscuro della storia della Fininvest. Da due giorni, Repubblica è tornata a sollevare il tema dei finanziamenti che negli anni Settanta diedero vita al gruppo del Biscione, e dei rapporti tra Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri. Due temi uniti, secondo il racconto del quotidiano, da un fattore comune: i contatti con Cosa Nostra, per i quali Dell'Utri è stato processato e condannato. I soldi versati nel corso degli anni da Berlusconi a Dell'Utri non sarebbero aiuti amicali ma la conseguenza di un ricatto. Soldi in cambio del silenzio. Il materiale utilizzato dal giornale romano è nelle mani della Procura di Firenze, che indaga su Berlusconi e Dell'Utri nella nuova inchiesta sulle stragi di mafia. É una indagine che si trascina da anni, con i pm Luca Tescaroli e Luca Turco che scavano sugli stessi argomenti sui quali altri loro colleghi hanno indagato per anni senza risultati. «Inchieste che alla fine - dice Marina Berlusconi - si sono concluse con l'unico risultato possibile: nei conti Fininvest non sono mai entrati una lira o un euro dall'esterno». Gli atti utilizzati da Repubblica sono una consulenza richiesta dai pm fiorentini e una relazione di servizio del centro locale della Dia, la Direzione investigativa antimafia. Materiale, soprattutto quest'ultima, che i difensori dei due indagati sostengono essere coperto totalmente da segreto istruttorio, non essendo mai stato depositato. Ma le fughe di notizie nelle tante inchieste sul Cavaliere non sono certo iniziate ora. Più interessante è analizzare nei dettagli quanto di realmente nuovo vi sia nei documenti commissionati dalla Procura di Firenze. Nella relazione dei periti contabili si afferma che alla fine degli anni Settanta alcune società della galassia Fininvest avrebbero aumentato il loro capitale con qualche decina di miliardi di lire di cui i periti non hanno identificato l'origine. Si parlerebbe di operazioni «non meglio precisabili sotto il profilo quantitativo e della relativa provenienza», affermazione di una certa vaghezza e che comunque non ipotizza finanziamenti da organizzazioni criminali. Gli stessi consulenti hanno analizzato i flussi economici ultradecennali tra Berlusconi e Dell'Utri, e hanno concluso che non è possibile confutare «le affermazioni di Berlusconi in relazione alle ragioni sottese a tali erogazioni, quali sostanziali atti di amicizia». E allora? Elementi nuovi ci sono invece nella relazione della Dia, che nei mesi scorsi ha messo sotto controllo numerosi telefoni. Da alcune conversazioni tra la moglie di Dell'Utri e quella di Denis Verdini, oltre che da una telefonata tra Dell'Utri e il senatore Alfredo Messina, gli investigatori della Dia prendono spunto per affermazioni pesanti. La vicenda dell'aiuto economico a Dell'Utri, scrivono, è «sicuramente connessa a un riconoscimento anche morale, l'assolvimento di un debito non scritto, la riconoscenza (...) per aver pagato un prezzo connesso alla carcerazione, senza lasciarsi andare a coinvolgimenti di terzi». Affermazioni che in una relazione seria troverebbero spazio solo se sorrette da certezze vengono invece buttate lì come ipotesi, i soldi di Berlusconi sarebbero il corrispettivo «per averlo, probabilmente, coperto». E ancora: i versamenti «fanno ben considerare che alla base vi sia effettivamente una sorta di ricatto non espresso».

Ma quale sia l'oggetto del ricatto, neanche la solerte Dia di Firenze arriva a ipotizzarlo.

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