Prima rideva dell'Italia adesso ha poco da ridere

Prima rideva dell'Italia adesso ha poco da ridere

E lui rideva. Oh come rideva. Ammiccava alla «compare» tedesca. Scrutava i giornalisti. Sputava in sala la ghignata beffarda. Era il Franti mascalzone di De Amicis. Quello che «quando uno piange, egli ride ... ride in faccia al maestro, ruba quando può, nega con una faccia invetriata...». Ma il sorrisino di Nicolas Sarkozy alla conferenza stampa dell'Eurogruppo del 23 ottobre 201, non era solo per un Berlusconi alle corde. Era per tutti noi. Per tutti gli «Italiens». «Italiens» bugiardi e bari. «Italiens» cialtroni. «Italiens» di cui diffidare. E il «Franti» accoccolato al fianco di una tronfia Angela Merkel non rappresentava solo se stesso. Rappresentava anche la tracotante «grandeur» di una certa Francia. La Francia che diffida dei suoi cugini mediterranei. La Francia che, a volte, li sdegna con malcelata arroganza. Neanche il Nicolas nella polvere è troppo diverso. Raffigura al meglio una Francia capace da sempre di grandi imprese. E d'inenarrabili bassezze. Incredibilmente peggiori di quelle di noi miseri «italiens». Ad incominciare dai capi d'imputazione. «Monsieur l'ancien president» non s'è soltanto intascato i 50 milioni allungatigli da quel Gheddafi che poi ha fatto destituire e contribuito a far uccidere. È anche sospettato di aver corrotto il giudice Gilbert Azibert promettendogli un posto nel principato di Monaco. E oltre che con i milioni del rais deve far i conti con quelli dell'inchiesta su Liliane Bettancourt, la generosa ereditiera Oreal, convinta a regalargli un'altra pioggia di milioni dilapidati nell'evidentemente costosa campagna presidenziale del 2007.
E sempre di milioni, centinaia di milioni, parla l'inchiesta sulle presunte pressioni nei confronti di Christine Lagarde, l'attuale prima donna del Fondo Monetario Internazionale, che avrebbe «lavorato» da sua «ministra» per «agevolare» un rimborso da 403 milioni all'amico maneggione Bernard Tapie. E come dimenticare i cinici orrori di Karachi. Iniziò tutto con un traffico di armi architettato per pagare l'elezione dell'amichetto Edouard Balladour. Finì, anni dopo, con la morte di 12 tecnici francesi fatti a pezzi da una bomba piazzata dai generali pakistani infastiditi per il mancato pagamento delle tangenti. Ma il Sarko nella polvere è, anche, il grande responsabile morale e materiale della tragedia libica. Una Libia trasformata, grazie all'eliminazione di Gheddafi, in un crudele buco nero capace di attirare migranti da tutto il globo e risputarli zombie sulle nostre coste. O cadaveri nel Mediterraneo. Ed è stato il portabandiera d'una politica estera, condotta a braccetto del Qatar, che ha alimentato il fanatismo islamista dalla Tunisia alla Siria costringendo la Francia di Hollande ad intervenire in Mali per arginare l'espansione nord africana di Al Qaida. E che dire dell'eredità economica di Sarkò. Nel bene come nel male il presidente ammanettato è stato l'alfiere di una politica economica che oggi, tre anni dopo, sembra trascinare la Francia negli stessi baratri in cui si dibatteva la derisa Italia del Cavaliere. Una Francia dove oltre 3milioni e trecentomila cittadini sono senza lavoro e dove la disoccupazione supera la percentuale record del 10,1 per cento. Una Francia appesantita da una gigantesca spesa pubblica e da una mancanza di competitività internazionale. Una Francia che, nonostante le risate di quella sera, deve oggi ad ammettere di non riuscire neppure a sfiorare quel 3 per cento di rapporto fra deficit Pil che «iena ridens» e l'amica Angela volevano imporre a noi «italiens».

Una Francia che forse riuscirà a qualificarsi per le finali dei mondiali, ma ha anche appaltato, grazie a Sarkò e all'amico Platini, quelli del 2022 ad un Qatar neo schiavista dove gli stadi si costruiscono a colpi di frusta e lavori forzati. Una Francia che come il professore di De Amicis potrebbe oggi alzarsi e gridare «Franti tu uccidi tua madre». E Sarkò quell'infame sorrise.

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