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Fascina: "La riforma della giustizia ultima vittoria di Silvio Berlusconi"

La deputata e compagna di Berlusconi: "Vivo un lutto che non può essere superato"

Fascina: "La riforma della giustizia ultima vittoria di Silvio Berlusconi"

Marta Fascina tra tutti gli esponenti politici è, credo, la più riservata.
Ha 35 anni, ha vissuto un’intensa storia d’amore con Berlusconi, fino alla sua morte. È deputata di Fi, ha fatto in passato la giornalista, e dopo tanto tempo di silenzio ha deciso di rilasciarci questa intervista, il giorno dopo l’approvazione della riforma della Giustizia.

Onorevole, oggi è contenta?
«L’approvazione della riforma costituzionale rappresenta un passaggio storico».

Mi dica in due parole: perché?
«Elimina l’anomala commistione tra magistrati inquirenti e giudicanti che priva l’ordinamento di un giudice effettivamente terzo ed imparziale. Ed elimina l’esasperazione correntizia che continua a condizionare, nel Csm, nomine, promozioni e sanzioni».

Forza Italia ha avuto un ruolo importante nel realizzare questa riforma?
«È una riforma che è nel Dna di Forza Italia ed è parte del suo impegno politico da sempre. Silvio Berlusconi l’ha inclusa nei programmi elettorali di ogni elezione».

Ma non è mai riuscito a portarla in porto.
«Durante i suoi governi ha fatto di tutto per approvarla ma è stato bloccato da una magistratura ideologizzata e da alleati troppo timidi».

Ne ha pagato le conseguenze?
«Certo. È stato proprio a causa di una magistratura politicizzata che lui stesso ha subìto, sin dalla sua discesa in campo, una persecuzione giudiziaria senza precedenti che ha pagato soprattutto con la sua salute».

È stata la sua ultima battaglia?
«Dietro sua richiesta, la riforma è stata inserita nel programma elettorale del centrodestra anche alle ultime elezioni politiche, ed in forza di ciò l’attuale governo si è adoperato per l’approvazione».

Questa riforma è a tutti gli effetti la riforma Berlusconi. Parliamo di questo governo.
«Il fatto che siano tre governi di centrodestra, di cui i primi due a guida Berlusconi, a dominare la classifica dei governi più longevi, è motivo di orgoglio ma anche di riflessione. Vuol dire che il centrodestra che Silvio Berlusconi ha ideato e creato nel 1994 è una comunità politica coesa, unita, accomunata da valori e principi e da una simile visione della società».

Come definirebbe Forza Italia?
«Noi siamo liberali, cristiani, garantisti, europeisti, atlantisti, siamo berlusconiani e siamo orgogliosi della nostra peculiarità».

Lei sta ancora soffrendo per la morte di Berlusconi?
«Dopo la perdita del mio Silvio, vivo un lutto che non può essere superato. Una sofferenza troppo grande, profonda, lacerante per poterla definire o circoscrivere temporalmente. Vado avanti con la forza della fede e del ricordo dei momenti unici e meravigliosi trascorsi insieme, dei gesti, delle carezze, degli sguardi, degli abbracci. Porto con me il ricordo di aver amato, di amare ed essere amata da un uomo straordinario, dal cuore immenso».

Quando vi siete conosciuti?
«Nel 2008, e quando ci siamo conosciuti è stato subito amore, e sono stati anni totalizzanti, vissuti intensamente, avvolti da un sentimento unico e travolgente. Sono stata amata in tutti i modi in cui una donna può essere amata».

Lui ora non c’è più. È lontano...
«Avverto che oggi tra me e lui c’è un velo sottilissimo che ci divide ma non ci separa, perché l’unico vero senso della vita è l’amore che in quanto tale è eterno. Io e Silvio, pur momentaneamente e fisicamente lontani, siamo eternamente uniti così come ci siamo promessi»

Col tempo il dolore si attenua.
«Il mio dolore è direttamente proporzionale al grande amore che ho provato e continuo a provare. Dunque non esistono né possono esistere unità di misura per quantificare l’amore che sento ed il dolore che vivo».

Lei è una donna, ed è impegnata su questi temi. Vogliamo parlare della violenza sulle donne?
«La sequenza quotidiana ed inarrestabile di femminicidi nel nostro Paese è ormai inaccettabile.
Donne che vengono barbaramente uccise da chi sostenevano di amare o di essere amate. Su questo c’è un vizio di fondo spesso anche nella narrazione giornalistica».

Qual è l’errore?
«Sono episodi nei quali non si può affatto parlare di amore».

Cos’è l'amore?
«L’amore è condivisione, è rispetto, è gentilezza. L’amore è quella forza del cuore e della mente che ti porta a proteggere e preservare sempre e comunque la persona amata. È assonanza di sentimenti, di emozioni, di complicità.
Quando un rapporto sfocia in violenza semplicemente non è più amore».

La gioventù è sempre più violenta?
«Il fenomeno dei giovanissimi implicati in reati violenti e di grave allarme sociale è agghiacciante.
Una situazione che è figlia di famiglie spesso assenti, di una carenza diffusa di riferimenti e figure di esempio, di un percorso di crescita svolto sulle pagine spesso oscure del web».

E sempre sui giovani di oggi, mi faccia anche dire che vedo una diffusione sempre più capillare delle droghe.
«C’è una falsa narrazione, alimentata da una sinistra che in maniera spregiudicata ed irresponsabile tenta di sdoganare per poi legalizzare la cannabis. La droga è morte e come tale va osteggiata, combattuta, annientata per il bene dei giovani, delle loro famiglie e della società tutta».

Quali possono essere questi strumenti?
«Gli adolescenti di oggi non sono gli stessi di qualche decennio fa. Oggi i ragazzi a 14 anni sono già nella pienezza delle proprie capacità cognitive, intellettive e il più delle volte ben consapevoli delle conseguenze dei propri gesti. In questo senso mi sto facendo promotrice di un disegno di legge che abbassi l’età per l’imputabilità penale affinché vi sia certezza che i ragazzi, anche se minori, che sbagliano rispondano delle proprie azioni e le vittime dei reati non siano private del diritto alla giustizia. Un disegno di legge che scriverò pensando alla forza d’animo, al coraggio, alla determinazione di Simona, la fidanzata di Santo Romano, giovane diciannovenne napoletano ucciso con un colpo di pistola sparato da un minore senza alcun motivo».

Il mondo, oggi, è devastato dalle guerre.
«Troppi focolai di guerra infiammano il mondo. Ogni giorno ancora troppi bambini, donne, innocenti vengono uccisi a cause di guerre ingiuste. 70mila morti in Medio Oriente è un numero che fa rabbrividire. Silvio Berlusconi ha lasciato questa vita terrena con un grande rimpianto: non esser riuscito a contribuire a domare i conflitti in corso. Apprezzo lo sforzo del presidente Trump e dell’amministrazione americana, con il supporto dei paesi arabi moderati, di porre fine al conflitto in Medio Oriente così come a quello in Ucraina».

Di soluzione diplomatica per primo aveva parlato Silvio Berlusconi.
«Già. Accolto dallo scetticismo anche di quanti oggi plaudono agli encomiabili sforzi americani.
Silvio Berlusconi meriterebbe, ove ammissibile, il premio Nobel per la Pace postumo».

L’Europa come si comportò con lui?
«Poco avveduti sono stati i governanti europei e mondiali nel non aver identificato lui come inviato speciale per la guerra in Ucraina».
Parliamo del ponte sullo Stretto.
«È un’opera strategica, fondamentale per collegare la Sicilia all’Europa, e volàno di occupazione e di sviluppo. Il progetto di cui parliamo è quello approvato durante l’ultimo governo Berlusconi che per primo ha introdotto la necessità e l’utilità di quest’opera nel dibattito pubblico italiano».



La decisione della Corte dei Conti di bloccarlo?
«Rappresenta una grave invasione di campo rispetto a scelte politiche strategiche che spettano alla politica, al governo, al Parlamento. Mi auguro che il governo non si lasci scoraggiare e proceda. Mi piacerebbe se il ponte fosse intitolato a Silvio Berlusconi, precursore e promotore di questa straordinaria e rivoluzionaria opera pubblica».

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