Roma - In ordine sparso alla vigilia dell’incontro più importante, quello con il premier Mario Monti, divisi soprattutto sul quanto e sul come tirare la corda con il governo. Forse quelli di Cgil, Cisl e Uil sono solo balletti da rush finale, ma siccome non sono più tempi di trattative con sorprese last minute e visto che questo esecutivo non sembra disposto a sacrificarsi per la concertazione, ieri è toccato al presidente della Repubblica lanciare l’ultimatum ai sindacati. «Penso che sarebbe grave la mancanza di un accordo al quale le parti sociali devono dare solidalmente il loro contributo». Parole che Giorgio Napolitano ha pronunciato a margine della commemorazione di Marco Biagi alla Camera. E che ha un destinatario preciso: la Cgil di Susanna Camusso, il sindacato che il capo dello Stato ha contribuito a rimettere al centro dei tavoli con il governo, ma che negli ultimi giorni ha frenato su un’intesa che sembrava a portata di mano. «Mi aspetto - è l’invito inviato dal presidente della Repubblica al segretario del primo sindacato italiano - che anche le parti sociali dimostrino di intendere che è il momento di far prevalere l’interesse generale su qualsiasi interesse e calcolo particolare. Lo richiedono le difficoltà del Paese». Parole pronunciate poco prima che si ripetesse il rito che precede il varo di tutti i provvedimenti importanti del governo tecnico: il premier Monti, insieme al ministro del Lavoro Elsa Fornero sono andati al Quirinale per illustrare a Napolitano la riforma che oggi presenteranno a sindacati e associazioni delle imprese.
Le ultime limature sono state affidate a un pre vertice informale serale tra il Fornero e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. Ma le stesse tre confederazioni ieri mattina non sono riuscite a trovare una linea comune in un incontro che era stato convocato appositamente, né in altri contatti informali anche con l’Ugl di Giovanni Centrella.
Anzi, la novità di ieri e che alle perplessità della Cgil si sono aggiunge quelle della Uil di Luigi Angeletti. Decisamente in difficoltà la Cgil, a disagio a firmare anche una piccola modifica dell’articolo 18, ma allo stesso tempo impossibilitata a dire no, soprattutto dopo l’appello di Napolitano. Il freno della Uil è più tattico: portare la trattativa fino alla fine per ottenere qualcosa. Nel merito, archiviata la parte che riguarda gli ammortizzatori sociali e i contratti, per i sindacati il nodo è quello dei licenziamenti disciplinari. Il timore è che siano lasciati troppi margini alle aziende e al giudice. La soluzione: specificare i casi in cui si può licenziare per giusta causa nella legge oppure, come vorrebbe la Cisl, nei contratti di lavoro. «Siamo lavorando per una soluzione e il nostro obiettivo è evitare la cancellazione dell’articolo 18, per evitare scelte unilaterali del governo», ha spiegato ieri il segretario generale aggiunto della Cisl Giorgio Santini. Perché effettivamente, dopo la debacle dell’incontro di Milano di sabato scorso, il rischio è che il governo, faccia una scelta drastica e modifichi radicalmente l’articolo 18. Difficile, perché anche fuori dai palazzi arrivano pressioni affinché si trovi una soluzione.
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