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Riforma del lavoro Monti non strappa con la Camusso...

Rimandare i conti con la Cgil non è utile né ai lavoratori né all'Italia Misure anticrisi, la "paccata" della Fornero alle imprese

Riforma del lavoro Monti non strappa con la Camusso...

Dal luglio 2008 agli inizi del 2010, il governo Berlusconi e in particolare il ministero del Welfare erano riusciti a mantenere una buona iniziativa sui temi del lavoro (innanzitutto su due temi: il sostegno anche fiscale della contrattazione aziendale, scelta che aveva permesso il nuovo slancio risanatore della Fiat, e il favorire la coesione sociale grazie a un uso allargato della cassa integrazione). Al centro di questa politica c’era la ricerca dell’accordo con le forze sociali ma sulla base di un programma chiaro ed esplicito: questa linea aveva prodotto una certa emarginazione della Cgil molto condizionata dall’estremismo della sua Fiom.

Quando è esploso il problema europeo dei «debiti sovrani» determinato dalla lentezza con cui l’Unione ha affrontato la crisi greca e da un regolamento della Bce inadeguato alla difesa di una moneta sovranazionale come l’euro, il governo è entrato in sofferenza. Diverse le cause: dalle solite trame della magistratura combattente, a improprie influenze straniere a un certo autismo di Giulio Tremonti che ha rafforzato le rigidità della Lega, e anche alla manovra anti-Fiat di Emma Marcegaglia che a questo fine ha recuperato la Cgil. Arrivato il governo Monti, anche sul lavoro è proseguita l’azione intrapresa precedentemente, innanzitutto quella impostata nel momento più difficile dell’agosto 2011 per rendere più invitante ai capitali stranieri il nostro mercato del lavoro. Forse qualche differenza c’è in una linea più statalistica del duo Fornero-Monti sugli ammortizzatori sociali che il governo precedente attento alla società preferiva lasciare più ad accordi tra parti. Ma l’ispirazione appare la stessa. Una differenza emerge invece nella gestione politica, l’esecutivo Monti dà l’impressione di non potersi permettere accordi separati con Cisl e Uil come quelli del passato perché metterebbero in affanno un Pd già provato. Alcuni toni del ministro Elsa Fornero senza dubbio sono frutto dell’abitudine a parlare ex cathedra, con quel tocco di arroganza che talvolta ciò comporta, ma finiscono per produrre irrigidimenti di tutto il fronte sindacale difficilmente spiegabili solo sul piano comportamentale. In realtà al di là dei «modi» pare intravedere una scelta di Palazzo Chigi - visto che non può avere l’accordo di Cgil, Cisl e Uil - di preferire un distanziamento di tutto il fronte delle organizzazioni del lavoro dipendente piuttosto che l’accordo di due sole.

Tutto ciò fa un piacere a Pier Luigi Bersani, forse dispiace un po’ a Pier Ferdinando Casini, che però vedeva in Raffaele Bonanni un possibile concorrente, non solo un alleato. Magari porterà a qualche provvedimento di razionalizzazione del mercato del lavoro utile (anche se certe aperture sulla spesa pubblica con questa situazione fiscale non paiono proprio allettanti). Si ottiene però il risultato di rimandare i conti nella Cgil, il che non è utile né per i lavoratori né per l’Italia (e né per il Pd).

Di questo effetto bisognerà ringraziare un po’ anche la Marcegaglia.

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