Riforme costituzionali Anche sul titolo V regge l'accordo Pd-Fi

Le riforme dell'era digitale ormai stanno tra il cubo di Rubik e una saga di Supereroi nello spazio (quest'ultima la rappresentazione preferita dal premier). Gli incastri sono tali e tanti che non si può più escludere la caduta del meteorite che mette d'accordo tutti, la Supervittoria del Supereroe così come anche il virus che lo manda k.o. Anche l'eventuale referendum previsto in caso di non raggiungimento della maggioranza dei due terzi viene visto da Palazzo Chigi come un'occasione per riaffermare una corrispondenza ormai assodata: se Matteo Renzi vuole bene alla gente, è ovvio che anche la gente voglia bene a lui e alle sue riforme.
In ogni occasione pubblica - ieri a Venezia - il premier narra la propria battaglia contro i «frenatori» di ogni risma. «Noi le riforme le facciamo perché è giusto farle - ha detto -, perché l'Italia torni a essere leader: piaccia o non piaccia a quelli che vogliono frenare porteremo a casa il risultato sulla legge elettorale, sulla riforma costituzionale, sulla riforma del mercato del lavoro... (segue elenco). Vogliamo troppo bene all'Italia per lasciarla in mano a chi dice solo no e passa il proprio tempo a disfare i progetti altrui». Essendo, i nessi logici mancanti, da ricercarsi nelle pieghe del tailleur di Frau Merkel.
Mentre si attende per la prossima settimana l'incontro tra i grillini e Renzi («Matteo è come una ragazza che fa la preziosa», dice Di Maio), e il capogruppo azzurro Romani chiude la porta a qualsiasi accordo sull'Italicum anche con M5S («Non parleremo mai con Grillo, l'Italicum è quello dell'accordo Renzi-Berlusconi»), sul tema dei tempi ieri al Senato sono emerse alcune contraddizioni. Il ddl della ministro Boschi dovrebbe arrivare comunque in aula domani, ma il lavoro vero comincerà martedì. In una capigruppo «consultiva», nuova figura istituzionale coniata dalla Boschi, non si è riusciti a risolvere una serie di nodi. In particolare che il lavoro in commissione non sia concluso e qualcuno dovrà pur dirlo. Pare che l'ingrato compito tocchi al presidente di commissione Finocchiaro, così da consentire di discutere di un calendario alternativo. Piccola vendetta postuma dell'espulso Mineo: «Io dal 6 maggio scorso non ci sono più... Renzi dovrebbe guardare al suo cerchio magico, chiedere alla Finocchiaro, alla Boschi e a Zanda perché si sono persi questi due mesi senza far niente».
Forse anche per questo, ieri, i tre andavano spediti come un treno, per niente attardati dal malore che ha colpito Calderoli, uno dei due relatori. In rapida successione sono passati una serie di emendamenti, il più importante dei quali quello che riforma il titolo V. Rispetto al testo Boschi, aumentano le competenze delle Regioni e si conferma l'abolizione della legislazione concorrente. Lo Stato avrà legislazione esclusiva sulla politica estera e Ue, sul coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.

Determinerà i «costi standard» in materia sanitaria e le linee guida in campo educativo, energetico, ambientale e turistico. La Boschi raggiante non teme inciampi in aula. «Non siamo preoccupati per i numeri», dice. Si teme molto, però, l'insidiosità di ogni virgola.

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