Fino a che non le vedo non ci credo, ma faccio un atto di fede. Parlo delle riforme elettorale e istituzionale annunciate ieri al termine del vertice tra Alfano, Casini e Bersani. Sono scettico perché abbiamo appena visto i tre segretari (più Monti) annunciare un’intesa sulla riforma del lavoro che è svanita nel giro di pochi giorni, appena cioè si è dovuti passare da generici principi a testi dettagliati e scritti. In attesa, e nella speranza, di essere smentito, le cose stanno così: un po’ per sfamare l’antipolitica, un po’ perché nessun partito è certo di vincere le elezioni, un po’ perché dopo Monti nessuno può immaginare di guidare governicchi tenuti insieme con la colla, i tre maggiori partiti hanno convenienza a cambiare le regole del gioco sia per le urne che per il dopo urne.
Così provano a smarcarsi dallo scontro frontale classico tra il blocco di centrodestra e quello di centrosinistra. Un mix tra il vecchio proporzionale (ognuno corre da solo) e il maggioritario che obbliga a indicare il candidato premier (più uno sbarramento e una modifica ai criteri di scelta dei candidati). Chi vince le elezioni detta le condizioni e decide con chi allearsi, il che in teoria renderebbe possibile anche una grande coalizione Pdl-Pd-Udc come quella che oggi sostiene Monti.
Addio bipolarismo? Sì, almeno in parte. Del resto il sistema delle coalizioni bloccate non ha funzionato come ci si aspettava né con i governi di centrodestra né con quelli di centrosinistra. Ma la riforma elettorale non basta, serve agevolare e di tanto il compito a chi governa. Cioè mettere mano alla Costituzione, e qui le cose si complicano. L’ipotesi, uscita dal vertice di ieri, di snellire il numero dei parlamentari appare poca cosa rispetto all’urgenza di dare al premier poteri veri nei confronti del suo governo (scegliere e licenziare ministri) e del Parlamento, rivedendo probabilmente al ribasso anche i poteri di interdizione della Corte Costituzionale e del presidente della Repubblica.
Tutto questo allungherà la vita a Monti? Forse sì, non fosse altro che per i tempi che un simile lavoro comporta.
Ma su tutto incombe l’approvazione della riforma del lavoro che potrebbe spaccare la sinistra e il tranello può essere dietro l’angolo. Del resto, dopo tutto quel che abbiamo visto in questi anni, ci si può fidare di Casini e di Bersani? Io direi di no.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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