Riforme, la guerriglia grillina non ferma il patto Renzi-Cav

Accordo esteso alla Lega sul nuovo Senato con meno sindaci e più peso alle Regioni. Mercoledì vertice fra Pd e M5S, ma la Boschi minimizza: non si riparte certo da zero

Riforme, la guerriglia grillina non ferma il patto Renzi-Cav

Riforme, ci siamo. Nel venerdì in cui il Pd reinfila i grillini nella riserva indiana in cui si erano autoconfinati, e l'asse con Forza Italia e Lega tiene, si definisce la silhouette del nuovo Senato: che, in base a un emendamento dei relatori al decreto legge presidenziale reso noto in serata, avrà 100 componenti compresi i cinque nominati dal Colle. Il grosso, 74, sarà eletto dai Consigli regionali tra i suoi membri in numero variabile in base al peso demografico delle varie regioni (Trento, Bolzano, Val d'Aosta e Molise ne eleggeranno uno e nessuna delle altre meno di tre) e i restanti 21 dalle stesse assemblee (le Province autonome di Trento e di Bolzano ne eleggeranno uno ciascuno) tra i sindaci dei Comuni della Regione. Palazzo Madama versione light rappresenterà le istituzioni territoriali, e manterrà una funzione legislativa depotenziata per quanto riguarda solo «le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali» e poche altre tipologie. Altra novità: spunta anche il giudizio preventivo della Corte costituzionale sulle leggi elettorali.

Un altro passo avanti sulla strada delle riforma. E in fuorigioco restano i grillini con il loro tentativo disperato di rientrare in gioco. Renzi non chiude la porta al dialogo con il M5S, l'incontro di mercoledì prossimo alla Camera è confermato e anzi il premier incassa anche la delega in bianco di Giorgio Napolitano («L'apertura di Grillo? Vedremo: vedrà e valuterà questa possibilità chi ne ha la responsabilità, cioè il governo»). Ma i paletti sono quelli ben piantati da Renzi. Un cambio di rotta non è in agenda. «L'iter è già iniziato ed è a buon punto - precisa il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi - e c'è un impianto che terrà conto degli emendamenti dei relatori, che chiaramente porterà a delle modifiche rispetto al testo del governo. Ed è su questo che poi si deve inserire il M5S. Lo stesso vale per la legge elettorale. Non credo sia pensabile dopo mesi di lavoro pensare di ricominciare daccapo».

A Grillo e ai suoi non resta che tentare di sedurre il Pd spingendo sul cigolante pedale della criminalizzazione di Silvio Berlusconi. «Boschi ha un partner: il pregiudicato B del partito fondato da Dell'Utri condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. W l'Italia», twitta il deputato del M5S Luigi Gallo. «Forza Italia, lo ricordo e non temo alcuna querela, è un partito nato con il beneplacito della mafia», azzarda su Facebook il collega Alessandro Di Battista. Una strategia squallida e probabilmente inutile. «Si tratta ancora una volta della peggiore dimostrazione di quella ignoranza arrogante e diffamante cui Grillo&Co ricorrono quando non hanno nulla da dire. Cioè sempre», replica il deputato azzurro Luca Squeri. Resta l'incontro del 25 giugno tra i pentastellati e Renzi. Spiega Beppe Grillo sul suo blog: «Vorremmo confrontarci con il Pd in quanto forza parlamentare». E quindi non in quanto forza di governo. Il diavolo, si sa, si nasconde nei dettagli.

Ma il traguardo sembra vicino. «Ci manca solo l'ultimo millimetro e poi si parte per cambiare finalmente questo paese», si entusiasma il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, della Lega.

«Dobbiamo accelerare, è fondamentale arrivare all'inizio del semestre europeo con il primo sì alla riforma già incassato», sprona la Boschi durante l'incontro con i deputati del Ncd. Tra i punti da limare, il criterio di elezione dei senatori all'interno delle varie regioni, che non tenga conto dei premi di maggioranza. Ma sono dettagli rispetto alla posta in palio.

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