Da Rivera a Mauro, che flop gli sportivi in politica

Sono stati candidati ed eletti, ma hanno collezionato solo vitalizi e prebende

Non sono mica tutti come Arnold Schwarzenegger, repubblicano ed ex governatore della California. Non dico dei muscoli ma della forza politica. E nemmeno come Kakhaber Kaladze, passato dal centro sportivo di Milanello alla scrivania di vicepremier della Georgia. Quella è roba buona, rara nel mondo dello sport e della politica laddove alla gloria del campo, del ring, della pista non corrisponde uguale podio quando si tratta di occuparsi della res publica. La ministra Idem ne sa qualcosa ma prima di lei molti atleti illustri hanno preso torte in faccia, per errori, omissioni ed incapacità. Prendete i calciatori, Kaladze a parte. In Italia ci hanno provato Rivera, Mauro, Gigi Martini, hanno ottenuto voti, provato a schierarsi da sinistra a destra, coprendo le curve e le tribune d'onore, Diccì, lista Segni, Ulivo, Alleanza Nazionale, non hanno lasciato traccia nella storia repubblicana ma portato a casa emolumenti, pensioni e privilegi. Uno come Gianni Rivera, ad esempio, con quattro legislature in bacheca è diventato europarlamentare prendendo il posto di Mercedes Bresso, un po' come i sei minuti di Città del Messico al posto di Sandro Mazzola. O Massimo Mauro che, fantasiosa ala di Udinese, Napoli e Juventus, dopo aver duettato con Zico, Platini e Maradona non ha avuto lo stesso feeling con D'Alema e gli altri compagnucci ulivisti. Vogliamo mettere nel mucchio anche George Weah quello che si presentava dicendo buongiorno a tutti, quelli belli e quelli brutti? Si candidò alla presidenza della Liberia, sembrava sicuro del trionfo, come gli accadeva con la maglia del Milan, ma venne sconfitto dal premio Nobel di economia Johnson Sirleaf. Meglio sta andando a Marco Evangelista de Moraes. Ma chi è costui? Sarebbe Cafù, detto così perché ricordava, per la velocità della corsa, l'ala brasilera Cafuringa. Ora Cafù, l'uomo che masticato più chewing gum dell'intero Brasile, è sottosegretario allo sport con delega per il mondiale del prossimo anno. In elenco, tra gli sportivi senza traccia, Vezzali, Filippi, Bugno, Cova, Di Centa.
La memoria segnala che il primo a tentare l'avventura, dico dalle nostre parti, fu un panettiere, anzi un fornaretto, o meglio un cascherino, il garzone che porta il pane a domicilio e ai negozi. Amadeo Amadei, ante Totti natum, è stato il miglior goleador della storia della Roma calcio, con 207 reti infilate in porta tra campionato e coppe varie. Diventò importante come Romolo e Remo e allora la Democrazia Cristiana gli offrì un posto in lista per le comunali di Roma. Così recitava il manifesto elettorale: «Non è soltanto uno sportivo. È una persona notevolmente qualificata per le sue virtù civiche. Egli deve la sua notorietà alla costanza e alla serietà con la quale persegue i suoi obiettivi. Estremamente attaccato alla famiglia, si rifugia in essa non appena esce dall'agone in cui miete allori ed entusiasmi e, schivo di ogni esibizionismo, riprende dopo ogni partita la cura dei propri interessi, mentre il suo nome coglie l'esaltazione dei propri ammiratori.

Votare per AMADEI, candidato numero 6 della lista della Democrazia Cristiana, non significa soltanto votare per uno sportivo che domani, se eletto, potrà occuparsi con competenza dei problemi sportivi della capitale, ma altresì per un cittadino di alte qualità. Gli sportivi romani».
Amadei raccolse diciottomila voti, fu il secondo degli eletti. Si comprò un forno a Frascati. Non c'era ancora l'Imu.

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