Che vinca Renzi o vinca Bersani, nel Pd lo sanno bene che - stavolta - i sommersi saranno più dei salvati. E mentre qualcuno si barrica, facendo sapere che si batterà come un leone (o come una leonessa) contro chi pensa di non ricandidarlo, c'è anche chi si sfila da solo con dolente eleganza.
Ieri il beau geste lo ha annunciato Livia Turco, in un colloquio con il Fatto: «Sono pronta a lasciare», dopo sette legislature in Parlamento. Però ad un paio di condizioni». Primo: «Se lo faccio io devono farlo anche gli altri», e soprattutto le altre, «o ci sono altre mie colleghe che hanno qualcosa più di me? Perché se me ne vado io non se ne devono andare anche loro?». Ad Anna Finocchiaro (7 legislature), Anna Serafini (6 legislature), Giovanna Melandri (5 legislature) devono essere fischiate le orecchie. Soprattutto alla capogruppo dei senatori, dicono i maligni.
Secondo: tra chi se ne deve andare, mai e poi mai va annoverato Massimo D'Alema: «Sia chiaro, io per la deroga a D'Alema sono pronta a fare le barricate», avverte. Perché D'Alema «ha fatto la storia di questo partito e di questo Paese», e «ha portato il centrosinistra al governo». Si sa che la Turco è un'antica pasionaria dalemiana, e per amore del suo leader di sempre - fin dai tempi della mitica «Fgci degli anni '70, quella di Massimo e Walter» in cui mosse i primi passi in politica - l'ex ministro è pronta a sacrificarsi e dire addio a Montecitorio. Va salvato D'Alema, dice la Turco, e va salvato anche Veltroni che «ha fondato il Pd». E - con molto meno calore - va salvata in un ultimo sforzo pure la Bindi (6 legislature, tra Roma e Strasburgo), perché «con tutti i suoi difetti è la presidente del partito». Ma le eccezioni per Livia Turco si devono fermare qui: niente deroghe ad hoc per ex presidenti delle Camere (Franco Marini, 6 legislature, che allarga le braccia: «Qualsiasi cosa decida il partito, mi adeguerò - dice al Giornale - per ora sono concentrato nella battaglia delle primarie») o per ex ministri (Fioroni o Parisi, 4 legislature, o Melandri). E tanto meno per ex capigruppo (la Finocchiaro, appunto). D'altronde già nel 2008 i criteri per le deroghe vennero ristretti da Veltroni, tanto che ex ministri come Mattarella e Visco, o ex presidenti della Camera come Violante non furono ricandidati.
I limiti evocati dalla Turco corrispondono più o meno a quelli che ha in testa anche Bersani, e che pure Renzi, se vincesse le primarie, difficilmente potrebbe aggirare (anche perché a sancirli sarà la direzione del Pd, che resta a maggioranza bersaniana). Stavolta, ha già fatto sapere il segretario, ci saranno «al massimo due o tre deroghe» alla regola delle tre legislature. Per gli ex premier (D'Alema), per gli ex segretari Pd (Veltroni) e - se proprio si dovrà - anche per i presidenti del partito (Bindi). Tutti gli altri si dovranno rassegnare, tranne coloro - una trentina - che usufruiranno della «interpretazione autentica» varata dall'assemblea Pd di luglio: per «tre legislature» si intende «15 anni» di Parlamento, quindi la legislatura precocemente interrotta del 2006-2008 non conta. Altrimenti il primo a non potersi ricandidare sarebbe stato proprio Bersani, che è entrato in Parlamento nel 2001. E come lui Franceschini, Letta, Gentiloni e una trentina d'altri.
Ma la questione «rottamazione» continuerà ad alimentare tensioni.
Il bersaniano Dario Ginefra ha presentato una proposta di legge che rende vincolante il limite dei tre mandati, e la Bindi gli ha dichiarato guerra: «Un vero obbrobrio costituzionale», lo ha accusato. «Ed è grave che il segretario del partito non dica cosa ne pensa».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.