Rivoluzione Civile si è sciolta. La cronaca del fallimento di Ingroia

Dal battesimo del movimento alla fine di un partito. E del suo leader. Che oggi fonda un nuovo partito

Rivoluzione Civile si è sciolta. La cronaca del fallimento di Ingroia

Da Rivoluzione Civile a dissoluzione politica. Battezzato alla fine di un rigido dicembre ma in un clima elettorale e sociale infuocato, il movimento di Antonio Ingroia è stato sepolto oggi, in piena primavera.

Neanche il tempo di fare proseliti e di imbracciare le armi politiche che il partito dell'ex procuratore aggiunto di Palermo scrive il suo epitaffio. “I soggetti che hanno dato vita a Rivoluzione Civile hanno deciso all’unanimità di considerare conclusa questa esperienza”. La nota congiunta di Ingroia, Angelo Bonelli (Verdi), Luigi De Magistris (Movimento Arancione), Oliviero Diliberto (Pdci), Antonio Di Pietro (Idv), Paolo Ferrero (Prc) e Leoluca Orlando (Rete2018) è solo la certificazione formale del fallimento di un progetto di rassemblement che non ha convinto nessuno. Nemmeno gli stessi fondatori, che hanno già preso strade differenti.

A decretare la morte politica del movimento sono stati gli elettori che all'ultima tornata elettorale di febbraio hanno concesso all'eterogenea corazzata percentuali di consenso irrisorie: 2,25% alla Camera (circa 765mila voti) e 1,79% al Senato (549mila preferenze).“Se Rivoluzione Civile raggiunge il 5% alle elezioni politiche lo considero un grosso successo, se poi arriviamo al fatidico 8% allora vuol dire che la rivoluzione civile è entrata in Parlamento”, diceva Ingroia il 23 gennaio scorso. Altro che 8%, la soglia di sbarramento è rimasta lontana anni luce.

Di previsioni, Ingroia, ne ha sbagliate anche altre in realtà. Il giorno della presentazione del Movimento, la toga in aspettativa profettizava: "Conquisteremo Palazzo Chigi e avremo milioni di consensi perché vogliamo fare una rivoluzione pacifica dei cittadini, una rivoluzione civile". Il 5 febbraio scorso manteneva la stessa sicumera: "Rivoluzione Civile sarà l'unica forza veramente di sinistra nel prossimo Parlamento''. Il prode alleato Di Pietro aveva già assicurato che il “patrimonio finanziario dell'Idv, immobili e capitali, qualora Rivoluzione Civile dovesse entrare in Parlamento, è naturale che verrà messo a disposizione di questa nuova realtà politica”. Ma il risultato degli italiani bocciò qualunque tipo di fusione. Nonostante ciò, il 10 marzo scorso, il magistrato siciliano non si dava per vinto. Anzi continuava a dare battaglia, assicurando che “Rivoluzione civile andrà avanti, convinta di poter dare un contributo significativo alla ricostruzione morale, sociale ed economica che diventa ogni giorno più urgente”.

L'urgenza appare svanita, surclassata dal futuro personale di Ingroia, unico e indiscusso leader del movimento. E pensare che il 25 gennaio scorso, l'ex pm aveva tenuto a precisare che “Rivoluzione civile non è la riedizione di un partito personalistico, non nascerà un partito Ingroia. Io ho fatto solo da avanguardia''. La storia poi ha raccontato il contrario. Perché gli altri compagni di avventura, da Bonelli a Ferrero passando per Di Pietro, sono stati letteralmente oscurati da Ingroia. Che ha scritto pure il suo cognome nel simbolo elettorale, che si è candidato come capolista in tutte le regioni (eccezion fatta per Aosta) e che ha imperniato la campagna elettorale su battaglie pregresse da lui avviate o condotte e sul personalismo.

Ha presentato esposti contro Silvio Berlusconi, nonostante avesse più volte spiegato che il nemico numero uno è Monti e non il Cavaliere, ha provato la carta dell'alternativa alla destra e alla sinistra, ha provato a corteggiare il Partito Democratico di Bersani paventando un presunto patto di desistenza, ha ingaggiato un duello con Ilda Boccassini, si è fatto vittima lamentando una scarsa copertura garantita dai mezzi di comunicazione, ha provato ad adulare il Movimento 5 Stelle ricevendo però solo i soliti improperi di Beppe Grillo (che lo ha definito un “bidone aspiratutto”).

Mentre giocava le sue carte, Ingroia parlava del suo futuro di magistrato lasciando trapelare poca fiducia nella realizzazione del suo progetto. Ma il salto da ex pm a politico ormai è stato fatto. E Ingroia ne ha pagato le conseguenze. All'indomani del fallimento elettorale il magistrato ha fatto parlare di sé in merito al trasferimento ad Aosta, alla bocciatura dell'incarico-paracadute di riscossore in Sicilia offertogli dall'amico Rosario Crocetta, financo al ricorso al Tar.

Adesso Ingroia ha inaugurato un nuovo soggetto – Azione Civile – che come suo primo atto ha sostenuto la candidatura di Ignazio Marino a sindaco di Roma. Nel frattempo, il suo rientro in servizio ad Aosta, previsto per oggi, è stato prorogato di due settimane per “esigenze personali”.

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