Qualche politico di sinistra non ha resistito alla tentazione di commentare l'accusa del «Giornale» contro la sentenza («Una decisione degna di un regime totalitario) dicendo che il paragone è esagerato. Peccato che proprio ieri quello che è successo al direttore Alessandro Sallusti si è ripetuto, naturalmente con le debite differenze, nel paese mediorientale dove la libertà di stampa è più a rischio, cioè l'Iran di Ahmadinejad. Ali-Akbar Javanfekr, direttore dell'agenzia di stampa ufficiale iraniana Irna e consulente del presidente Mahmud Ahmadinejad, è stato arrestato. Lo riferisce la stessa Irna nella sua versione inglese, senza fornire altri dettagli. È noto però che Javanfekr a novembre del 2011 era stato condannato a sei mesi di reclusione per aver pubblicato articoli contrari alle norme islamiche e definiti «immorali», più altri sei per pezzi considerati contrari all'etica. Tutte materia su cui ultimo giudice è la Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, ormai in freddo con Ahmdinejad. Tre mesi dopo la pena era stata dimezzata. Inoltre il tribunale aveva anche interdetto Javanfekr da ogni attività giornalistica e da incarichi governativi o privati per tre anni. Le condanne erano state inquadrate nello scontro tra i conservatori legati alla Guida suprema ed i sostenitori di Ahamedinejad, parte dei quali accusati di «deviazionismo» insieme al capo di gabinetto presidenziale, Esfandiar Rahim Mashaie.
Un fosco quadro di privazione delle libertà d'espressioni e personale che purtroppo ormai riguarda anche una democrazia occidentale come quella italiana, come s'è visto ieri con la sentenza della Cassazione che ha confermato la condanna a 14 mesi di reclusione per Sallusti (pena poi sospesa per 30 giorni dalla Procura di Milano).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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