Rosi cerca la riscossa e adesso lancia la Lega degli espulsi

La Mauro battezza "Gente comune" nel Misto al Senato e arruola i fedelissimi: "Noi restiamo leghisti, sono gli altri i traditori". Bodega tesse la rete di liste locali

Rosi cerca la riscossa  e adesso lancia  la Lega degli espulsi

La decisione di riorganizzarsi l’hanno presa sul battello. Era la prima «Batelada» della nuova era, cupa come il diluvio: Rosi Mauro espulsa dalla Lega, Lorenzo Bodega autoespulso per seguirla, a bordo nessun dirigente leghista, ma molti militanti del Carroccio, tesserati SinPa. Si riparte da loro, magari pochi, ma abbastanza per darsi una rotta. È stato come dirsi: siamo tutti sulla stessa barca, quella di chi continua a guardare a Umberto Bossi e vede in Roberto Maroni un nemico, quella di chi sa che, come ha mandato a dire il Senatùr, «quando soffia il vento bisogna tenere». Primum resistere.

Non che sulle prime non siano rimasti spiazzati. Sono venuti qui anche per questo: Rosi, spiegaci questa roba dei soldi. Lei viaggia con gli estratti conto in tasca. Hanno deciso di crederle. Presto ci sarà un’assemblea degli iscritti, una conta. «Non ho mai chiesto a nessuno qui se avesse la tessera della Lega - confida la Mauro - Continuerò a farlo: devono scegliere e verificare personalmente». Ma è chiaro che da qui in poi avranno almeno una tessera fedeltà per un progetto. Che forma avrà è presto per dirlo. Però il primo passo è deciso: la Mauro e Bodega nel gruppo Misto del Senato faranno la componente «Gente comune, movimento territoriale». Ha una certa assonanza con l’Uomo qualunque, che il fondatore Guglielmo Giannini definì: «Stufo di tutti, con il solo, ardente desiderio, che nessuno gli rompa le scatole». «Vogliamo dire a gran voce che siamo persone normali, qui non ci sono ruberie» dice la Mauro.

Quando dà l’annuncio il battello che sta solcando il lago Maggiore indugia davanti all’Isola bella, lei è sudata di salsa e twist, il vino scorre come l’acqua. Stefano Armani e Romina smettono di duettare al piano, Bodega smette di tirare palline di carta a Pier Moscagiuro, la Mauro brandisce il microfono come un’ascia: «Gli piaccia o no, il nostro progetto noi lo porteremo a termine. Gli ideali leghisti restano i nostri: sono loro le quaglie che hanno fatto il salto, non noi. Magari perdo, ma forse vinco». Applausi. Emiliano Tremolada, il suo vice: «Rosi, te lo dico da tempo: togliti dai piedi un po’ di leccac... e viaggerai più spedita». Ola. Alessandro Gemme, dirigente storico del SinPa: «Non avremo più donazioni della Lega? Ci autotasseremo come abbiamo sempre fatto». La nuova componente verrà ufficializzata la settimana prossima al Senato. Potrebbe aderire anche Piergiorgio Stiffoni, fuori dalla Lega causa indagini, ma la Mauro e Bodega vogliono prima verificare con lui questo «fulmine a ciel sereno». Sul territorio i giochi sono già iniziati. Lì continuano le espulsioni delle seconde e terze file del fronte antimaroniano ed è su di loro che conta per esempio Bodega, che a Lecco ha fatto la lista «Movimento d’azione per la rinascita» e dice: «A livello locale qualcosa si può già fare». In parlamento è un’altra storia. Gente Comune potrebbe nascere anche alla Camera, ma i deputati hanno piombo nelle scarpe. «Dopo 20 anni di impegno nella Lega e di amicizia coi militanti non te ne puoi andare senza un motivo forte - spiega uno di loro - Aspettiamo il congresso federale: se sarà certificata la fine di Bossi aderiremo a un nuovo gruppo. Ma finché Umberto dà segni di vita restiamo».

Occhi puntati sul Carroccio, quindi. Dicono i suoi che Bossi abbia annunciato di volersi candidare al congresso «per tenere unita la Lega», «gasato» dai molti che, durante il tour in Veneto, gli hanno detto chiaro che «se tu non ci sarai, neppure noi ci saremo». In via Bellerio è pressing per convincerlo a desistere. Anche perché, ragionano i maroniani, «se Bobo non accelera questa volta, in molti potrebbero candidarsi autonomamente». In Lombardia, per esempio: Bossi l’altro giorno a Crema avrebbe chiesto a Giorgetti di restare al suo posto, scalzando Salvini e Stucchi. Lo schema, per i maroniani, dovrebbe essere questo: Bossi presidente federale, Maroni segretario.

Ma c’è anche un’ipotesi diversa, che eviti la spaccatura: Giorgetti segretario affiancato da due vice come Cota e Zaia, e da una segreteria politica, oggi senza diritto di voto, trasformata in Direttorio, con esponenti «nazionali» e poteri decisionali. Non a caso si vuol modificare lo Statuto. A Rosi non resta che aspettare.

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