Ministro La Russa, prima di parlare di Fini parliamo di cose allegre: il Suv russo che oggi le ha regalato Berlusconi...
«Sì ma scriva che lo do in beneficenza. L’equivalente in denaro».
Si scrive ma lei poi lo deve fare.
«L’ho detto prima al telefono a Berlusconi: organizziamo una cerimonia quasi ufficiale. Tu mi dai il Suv, io consegno l’assegno. E adesso di che parliamo?».
Del suo nuovo lavoro: come si sente nel ruolo di avvocato divorzista? Amico di Fini da trentacinque anni, ma coordinatore del Pdl e vicinissimo al premier.
«Usiamo questa metafora? Mi sento un avvocato divorzista nella fase in cui è possibile la riconciliazione».
Tra Fini e Berlusconi?
«Gli avvocati devono prima di tutto verificare se l’intenzione della separazione è vera, o se si può intervenire per evitarla».
Parla da ottimista o perché ha già sentito le parti?
«Oggi, dopo il consiglio dei ministri, a palazzo Chigi abbiamo chiacchierato un po’».
Con il presidente Berlusconi.
«Sì, ed è prevalsa la linea di non insistere nella rottura da parte del presidente del consiglio. Ieri si è svolta una direzione che si è conclusa come tutti sanno. A mio avviso, ora si deve proseguire confidando che le cose dette e decise valgano per tutti».
E gli undici che hanno votato «no» al vostro documento? E Fini?
«Chi non ha votato il documento dovrà chiarire come vuole svolgere il suo ruolo politico. Non parlo tanto di Fini, ma degli altri amici...».
Lei ora parla da coordinatore del partito, meno da amico di Fini.
«Ieri Fini ha detto cose che non ho compreso e che non ho apprezzato. Dopo le elezioni vittoriose, dopo tanti successi, aprire una stagione di contrasto, non ce n’erano le ragioni!».
Qual è la prospettiva di Fini?
«Non l’ho mai sentito dire: chi me l’ha fatto fare. Ma reputo che sia stato un errore da parte nostra non aver contrastato la sua scelta della presidenza della Camera. Io stesso gli dissi che era una buona idea».
Perché?
«Fare il presidente della Camera ti colloca in una posizione istituzionale che favorisce il contrasto. A parte che c’è una sorta di maledizione di Tutankhamon legata a quel ruolo, nella seconda Repubblica».
Una poltrona fatale?
«La Pivetti è scomparsa, Violante non è stato ricandidato, Casini forse è l’unico che se l’è cavata».
Più o meno.
«Infatti, ha litigato con Berlusconi, poi Bertinotti, e poi chi c’è stato?».
Fini.
«Fini, appunto. Ha interpretato questo ruolo più proiettandolo sulla destra del futuro che quella del presente. Un ruolo istituzionale che l’ha tenuto lontano dal partito...».
Anche da lei e dai vecchi amici?
«I contatti con lui non dico che si siano rarefatti, ma prima, certo, erano quotidiani. E tutto questo ha favorito una distanza, acuita dal fatto che intorno a lui si è insidiata un area di intellettuali di destra elitaria, intellettuali bravi ma elitari, che non so se per scelta di Fini o se per scelta loro, mediaticamente sono stati letti come portavoce del pensiero di Fini».
Da quanto tempo non lo sente?
«L’ultima volta ci siamo salutati ieri, alla direzione...».
Oggi nessun contatto?
«No, oggi non ci siamo sentiti».
Che esperienza è stata vivere dal palco la scena della litigata?
«Non ho apprezzato Brunetta, che pure mi sta molto simpatico, quando ha detto che era tutto molto divertente. Per me non c’è stato niente di divertente, ieri. Nel mio intervento ho cercato di interpretare il mio ruolo di uomo del Pdl, ma ho rivendicato la storia di An, che è una storia di orgoglio. Se noi non eravamo una caserma, Forza Italia non era un partito di plastica. Poi ho ricevuto tanti messaggi di complimenti dagli amici di Fini».
Insomma, Fini ha sbagliato il momento per gettare a terra la maglia, come Balotelli, che lei consce bene essendo tifoso dell’Inter.
«Balotelli comunque ha chiesto scusa. Conoscendo Fini, non penso che lui lo farà. Ieri si è conclusa una fase. E chi ha voluto che la fase si concludesse è stato Gianfranco».
Allora, ministro avvocato, come vede la risoluzione del caso?
«Gli avvocati possono solo registrare i fatti. Gli unici che possono rimettere a posto le cose sono i separandi. Poi vanno dall’avvocato a dire: aiutaci a trovare la soluzione tecnica».
Lo sa che tra i fan di Fini c’è chi vi accusa di essere attaccati alla poltrona?
«I due terzi di An non mi pare che abbiano la poltrona. Tutti quelli che stanno di qua, devono qualcosa a Fini. Qualcosa, ma non tutto. E anche Fini deve qualcosa a tutti noi. Noi siamo rimasti attaccati non alla poltrona, ma a quella che era l’identità di Alleanza nazionale. C’è qualcuno che deve tutto a Fini, e fa bene a stare con lui».
Lei contesta in tutto le tesi di Fini?
«Se la sua posizione di diversificazione fosse stata portata avanti sul versante della destra, ponendo con più forza l'accento sul contrasto all’immigrazione clandestina, o se avesse insistito sul valore della cittadinanza italiana più che sulla possibilità di acquisirla...».
Se si fosse mosso al contrario.
«Avrebbe avuto il 95% degli ex di An con lui. Personalmente mi auguro che possiamo restare tutti nello stesso partito, e non ci sarebbe niente di male se qualcuno pensasse alla destra del futuro».
Lo sa che le proposte che lei cita sono i valori della Lega?
«Se guardiamo ad An dei tempi in cui fu scritta la legge Bossi Fini sull’immigrazione, quella An era avanti alla Lega sul terreno della lotta alla mafia, del contrasto all’immigrazione clandestina».
E’ la Lega che ha copiato An, o An che ha perso di vista i suoi obbiettivi?
«Alleanza Nazionale è venuta meno come sigla, si sono affievolite le posizioni politiche e culturali, sono state proiettate verso il futuro più che verso la continuità».
Ha letto l’intervista di Bossi alla Padania? Minaccia la fine dell’alleanza con il Pdl.
«Io Bossi lo devo sempre sentire parlare a voce. Sicuramente teme che l’intervento di Fini possa frenare il federalismo. Questo è un obbiettivo irrinunciabile per la Lega, e quando glielo si tocca reagiscono in maniera iperbolica».
Fini rimarrà presidente della Camera?
«Ha già risposto che ha intenzione di rimanere».
Vede la possibilità di elezioni anticipate?
«Il pericolo c’è, comunque mi auguro che non ce ne sia bisogno».
Pericolo?
«Chiamiamola eventualità».
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