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Saccomanni insiste sull'Iva Adesso il governo è a rischio

Il titolare dell'Economia minaccia le dimissioni se non si aumenta l'imposta. Letta: "Basta aut aut"

Saccomanni insiste sull'Iva Adesso il governo è a rischio

Roma - Chi gli vuole bene dice che ha aspettato di lanciare la minaccia di dimissioni quando aveva la certezza che fosse ininfluente per la campagna elettorale tedesca. Chi gli vuole meno bene racconta che ha aspettato la partenza di Enrico Letta, così da guadagnare ancora una settimana da ministro: il presidente del Consiglio tornerà giovedì dalla missione in Canada e Stati Uniti. E chi gli vuole ancora meno bene sottolinea la fede laziale del ministro contrapposta a quella romanista di Mario Draghi (il derby ieri è stato vinto dalla Roma).

Sembra, però, che a far scattare in Fabrizio Saccomanni la convinzione a non indossare ancora a lungo la casacca del ministro dell'Economia siano stati due episodi: la richiesta di Matteo Renzi di rinegoziare i patti europei (il ministro è contrario) e la difficoltà oggettiva che sta incontrando, insieme a Daniele Franco (anche lui «strappato» alla Banca d'Italia e ora Ragioniere generale dello Stato), a riequilibrare i conti dello Stato.
Da qui, il lungo colloquio con il direttore del Corriere della Sera, in cui sostiene apertamente che gli aumenti di Iva e Imu devono scattare; altrimenti, rimette l'incarico. Per farlo, però, deve aspettare che rientri Letta da Oltreoceano. «Gli italiani meritano di sapere le cose come stanno. Non solo slogan. Credo sia arrivato il momento per fare un dibattito sereno e pacato sui conti», commenta il ministro.

L'andamento della finanza pubblica viene fornito mensilmente proprio dal ministero dell'Economia: il fabbisogno di cassa è raddoppiato da quando siede alla scrivania di Quintino Sella; negli ultimi quattro mesi, il governo ha introdotto inasprimenti fiscali per 20 miliardi (si svilupperanno per 10 anni).
Per stessa ammissione di Saccomanni, poi, entro la fine dell'anno il governo dovrebbe recuperare 1,6 miliardi per restare sotto il 3% di deficit. Ma anche quasi 6 miliardi per: bloccare l'aumento dell'Iva, rinviare la seconda rata dell'Imu, coprire le spese dei militari in Afganistan, trovare flussi finanziari per finanziare la cassa integrazione in deroga. Nel colloquio con il Corriere, Saccomanni dice apertamente che non è in grado di recuperare queste risorse. Dice di più: «A cosa serve recuperare un miliardo di Iva se poi si va a votare a febbraio?»

Insomma, intende mettere la maggioranza di fronte a un vero e proprio aut aut: o si lascia aumentare Iva, si smentisce l'impegno politico alla cancellazione della seconda rata dell'Imu, non si rifinanziano le missioni all'estero, si dimenticano gli impegni per i cassintegrati; oppure, me ne vado.
Per il momento, gli uomini vicini al premier dicono che Enrico Letta ha espresso «vicinanza e piena sintonia» con il ministro dell'Economia. Che i «margini per soluzioni di politica economica ci sono». E che devono finire gli «aut aut al governo». Una formula, quest'ultima, che qualcuno legge rivolta proprio allo stesso Saccomanni.

Il chiarimento tra i due, se ci sarà, dovrà attendere venerdì prossimo, al rientro di Letta dalla missione americana. A quel punto mancheranno solo 4 giorni per elaborare una strategia condivisa se far scattare o meno l'aumento dell'aliquota Iva: vera e propria linea Maginot della maggioranza tutta per la durata del governo. Anche Epifani è contrario all'aumento, ma conferma «la fiducia del Pd al ministro.

Chiediamo solo equità e giustizia sociale».

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